sabato 28 marzo 2009

Il mandolino del capitano Corelli


"L'amore è una pazzia temporanea, erutta come un vulcano e poi si placa.

E quando accade, bisogna prendere una decisione. Devi capire se le vostre radici si sono intrecciate al punto da rendere inconcepibile una separazione.

Perché questo è l'amore.

Non è l'ardore, l'eccitazione, le imperiture promesse d'eterna passione, il desiderio di accoppiarsi ogni minuto del giorno.

Non è restare sveglia la notte e immaginare che lui ti baci ogni angoletto del tuo corpo.
No, non arrossire, ti sto dicendo qualche verità.
Questo è semplicemente essere innamorati, una cosa che sa fare qualunque sciocco.


L'amore è ciò che resta quando l' innamoramento si è bruciato, ed è sia un'arte, sia un caso fortunato.
Tua madre ed io avevamo questa fortuna, avevamo radici che si protendevano sottoterra l'una verso l'altra, e quando tutti i bei fiori caddero dai rami, scoprimmo che eravamo un albero solo, non due.

Ma, a volte, i petali cadono senza che le radici si siano intrecciate."

(Il mandolino del capitano Corelli - Louis De Bernieres)

venerdì 27 marzo 2009

Sorprese dei sensi


Nelle mattine di primavera, seduto in una comoda panchina, con il cielo ancora scuro all'orizzonte, mi metto in attesa del sorgere del sole. Un misterioso gusto del bello mi avvolge vestendomi di un gigantesco e surreale tulipano profumato che appare d'incanto nella mia eccitata immaginazione.

Amo osservare il mare di primo mattino: nel fresco nato dal riposo del sole. In particolare sono rapito dalla sua evoluzione di luci e colori che si formano con l'alba primaverile nascente pigra all'orizzonte.

Riprovo puntualmente l'emozione della provvisorietà e luminosità delle cose belle. In questo caso è il piacere per una atmosfera donata dal sorgere del sole: finché non diviene abbagliante.

La mia ammirazione non ha confini per questa massa di fuoco amica. Mi stupisce come essa, rossastra e potente, si impone alla mia vista: sembra una divinità sconosciuta intenta ad animare miracolosamente la materia ancora dormiente.

Rimango incantato e un po' assente al mondo conosciuto, quando in compagnia delle stelle, sempre più debolmente accese nel cielo, questa immensa sfera di fuoco si alza imperiosa all'orizzonte lasciandosi guardare, anche se per soli pochi minuti.

Ma sono momenti che, seppur brevi, manifestano il senso spirituale della vita che è estetico e poetico: spesso nascosto dai bisogni più urgenti della vita.

In questa breve esperienza si assiste ad un esempio pratico e visivo della fusione tra spirito e materia, tra Dio e l'uomo. Attimi anche di tregua da una differenza di solito conflittuale tra l'uomo e Dio. Desiderio di materia e amore di Dio che mettono in contrapposizione anche i desideri mondani con quelli spirituali.


Dopo un po' che si osserva il sole, rossastro e dipinto di divino, così disponibile allo sguardo, qualcosa di misterioso e insolitamente potente sembra prendere il sopravvento. Il sole non si lascia più guardare: si alza sempre di più diventando forse solo divino, lungo un gioco di abbagliamenti: diviene luce accecante di mistero.

Le stelle, simili per pochi istanti a mitici e irraggiungibili diamanti, splendono sopra uno specchio di acqua calmo e silenzioso che diviene via via sempre più luminoso, mostrando colori striati, ogni giorno diversi e unici per la vista.
Colori che vivono per pochi minuti: il tempo di trasmettere gioia visiva e infondere ottimismo per la vita con i suoi misteri.
Verranno sostituiti da colori abituali, domestici e noti.

Mi soffermo sempre più estasiato, quasi rapito dalla bellezza e dal potere di quel che sta straordinariamente modificandosi intorno a me.
Ammiro sorpreso ciò che il sole provoca nella natura circostante semplicemente alzandosi all'orizzonte.

Un bisogno di contatto con la fascinosità, di potenza eterna ... mi spinge a veder ripetere ogni mattina, nel fresco e profumato mattino primaverile, il miracolo della rinascita del sole. Un gigante rosso rutilante che famigliarizza in pochi istanti con il mio desiderio di paternità.


Osservo il mare, sotto l'influsso del calore del mito del padre. Uno specchio d'acqua che da una conformazione piatta e infinita comincia lentamente a dar segni di vita increspandosi impercettibilmente e animandosi di luci riflesse rosso arancio e magenta. Solo più tardi diventerà di un verde trasparente familiare.



Un'acqua ancora silenziosa, bruna e oleosa: sembra aver riposato con l'uomo e appare pronta a svegliarsi lentamente con lui accompagnandolo nel fervore delle sue attività.

E, grazie alla potenza del nostro astro che va rivestendosi sempre più di luce imperiale con un colore oro fiammante, vengo preso da una forma d'amore per il suo lavoro, teso a dare vita a me e a ciò che mi circonda.
Il sole si alza lentamente all'orizzonte, divenendo sempre più caldo e presente, conquistando e animando la vita biologica che giace sotto il dominio impossibile e a tratti razionale dell'uomo.


di Biagio Giordano

giovedì 26 marzo 2009

La casa



Il poeta inglese R. Southey, attraverso l'espediente di un viaggiatore immaginario e straniero, Don Alvarez Espriella, assurto ad acuto, a volte ironico osservatore del popolo inglese, afferma che:

"Vi sono due parole nella loro lingua, delle quali queste persone sono orgogliose ... casa è una..."

(Don Manuel Alvarez Esperiella, Letters from London, tradotte da Robert Southey, London, 1807, Vol. I, pag. 180)

In tempi più recenti Mario Praz osservava che: " ... il senso ultimo di un armonioso arredamento ... è si' di rispecchiare l'uomo, ma di rispecchiarlo nella sua essenza ideale: è una esaltazione dell'io.

Per questo forse più' ancora della pittura, della scultura, e perfino dell'architettura, il mobilio rivela lo spirito di un'epoca, e nulla quanto una mostra retrospettiva di stanze arredate secondo una successione cronologica, ci dichiara di primo acchito il vario carattere dei suoi occupanti.

Assai rivelatori del carattere dei proprietari sono per esempio gli arredamenti minuziosamente curati, folti, fantasnagorici del borghese Ottocento."

Sia la letteratura di questo periodo, sia il cinema di costume, utilizzano gli arredi e la vita domestica come veicoli di informazione sull'epoca cui fanno riferimento.

Per comprendere come lo spazio-casa fosse vissuto dai suoi abitanti a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo, occorre tenere conto non solo della dimensione interna, ma anche di quella esterna alla sua struttura: il giardino, vissuto dagli Inglesi come estensione della casa, come una sorta di propaggine dello spazio abitativo.


Nel suo libro "Creare una casa bella" l'arredatrice Alexandra Stobbard scrive:

"Entrate in contatto con quello spirito che è dentro di voi ... Se il vostro stile di arredamento - l'espressione esteriore di quello che siete - non è in armonia con il vostro se' interiore, non riuscirete a sentire il ritmo giusto che e' cosi' essenziale in tuttte le composizioni estetiche. Ricordate: lo stile emerge quando accettate voi stessi."

La nostra casa dunque avra' l'aspetto migliore, q1uando ci assomiglierà e darà la sensazione migliore quando avrà le nostre stesse sensazioni.

mercoledì 25 marzo 2009

Violette, primule, lavanda


La Viola del Pensiero è uno dei fiori preferiti dalle Fate: una violetta posta nell'occhiello della giacca o un mazzolino tenuto in casa oppure offerto alla persona del cuore, propizia l'amore ...

A molti altri fiori comunque sono attribuiti gli stessi meravigliosi poteri attribuiti alle Fate: la Primula, per esempio e il Myosotis.

In Scozia ed in Inghilterra le virtù protettive della Primula sono paragonate alla magica Lavanda e mazzetti o sacchetti di questi fiori occupano punti strategici della casa o i cassetti della biancheria, a scopo protettivo.

In Irlanda si usa addirittura spargere di primule anche la soglia e il pavimento dell'ingresso delle abitazioni, per allontanarne gli spiriti malvagi.

Vi sono però alcune piante sulle quali le Fate estendono il loro assoluto dominio e che, quindi, non possono essere nemmeno sfiorate da un comune mortale.

E' il caso del Loglio e della Datura, quest'ultima decisamente pericolosa:
all'interno dei suoi attraenti e lunari fiori a calice (chiamati normalmente Trombe degli angeli) le Fate amano sognare.

Nel Somerset si evita accuratamente di cogliere i Giacinti di bosco, nonché i Tulipani dei giardini, sui quali le Fate vegliano gelosamente.

La giusta morale della favola consiglia di astenersi dal cogliere fiori e piante - soprattutto se nati nel loro ambiente naturale.

martedì 24 marzo 2009

Giardini e idraulici, tubi misteriosi


Se escludo domenica mattina scorsa, giorno in cui mi si è allagata la cucina, ho trascorso tre giorni finalmente in giardino, che ha comunque tuttora un aspetto davvero "selvaggio".
Richiede mano d'opera e io ci sto provando con molto entusiasmo.
Di tanto in tanto arriva una gatta bianca, se ne sta al sole con un 'attenzione acutissima verso gli uccellini.

L'allagamento della cucina è avvenuto in modo misterioso: stavo sciacquando ciotole, tazze e piattini della prima colazione e senza che me ne accorgessi usciva tutta l'acqua dalla lavastoviglie.
Fortunatamente non soffro di mal di schiena, ma di freddo ai piedi sì, i quali - poverini - in due secondi si sono ritrovati fradici.
L'intervento urgente dell'idraulico (fortunatamente un nostro amico) ha appurato che non c'erano tubi rotti, né tubi otturati, insomma andava tutto bene .......
E in effetti ora sta andando tutto bene, ma il mistero rimane.

Qualche foto del giardino selvaggio l'ho fatto e la pubblico, anche per dimostrare pubblicamente che non sono una fotografa.

Questa è la gatta bianca, attenta "osservatrice" di uccelli.



E, infine, queste bellissime piante di tarassaco, che pur essendo selvatiche, mi dispiace togliere.

domenica 22 marzo 2009

Uomo del mio tempo

Tu non sai cosa sia la notte
sulla montagna
essere soli come la luna;
né come sia dolce il colloquio
e l'attesa di qualcuno
mentre il vento appena vibra
alla porta socchiusa della cella.

Tu non sai cosa sia il silenzio
né la gioia dell'usignolo
che canta, da solo, nella notte;
quanto beata è la gratuità,
il non appartenersi
ed essere solo
ed essere di tutti,
e nessuno lo sa o ti crede.

Tu non sai come spunta una gemma
a primavera e come un fiore
parla a un altro fiore
e come un sospiro è udito dalle stelle.

E poi ancora il silenzio
e la vertigine dei pensieri,
e poi nessun pensiero
nella lunga notte,
ma solo gioia
pienezza di gioia
d'abbracciare la terra intera;
e di pregare e cantare
ma dentro, in silenzio.

Tu non sai questa voglia
di danzare
solo nella notte
dentro la chiesa,
tua nave sul mare.

E la quiete dell'anima
e la discesa nella profondità,
e sentirti morire
di gioia
nella notte.

David Maria Turoldo

venerdì 20 marzo 2009

L'Equinozio e le dee dell'amore

Il mese di Marzo, come dice lo stesso nome, era dedicato a Marte e per buona parte del mese si tenevano feste in suo onore.

Il Marte dell'Equinozio non è però il dio bellicoso delle battaglie, ma piuttosto il principio maschile che deve congiungersi a Venere.

Diceva Majer nell'Arcana arcanissima

"Se congiungi questo Marte con la Venere dei Filosofi e li leghi con una catena invisibile, si concepirà una soavissima fanciulla, il cui nome è Armonia."

Armonia, nata dalla fusione dei contrari, era la protettrice della concordia e dell'ordine morale e sociale, ossia rappresentava l'equilibrio tra l'egoità e la necessità della vita sociale.

Marzo è detto il mese delle dee dell'amore, perché per proseguire il cammino, le forze maschili devono congiungersi a quelle femminili.

In Marzo e in Primavera in genere si ha proprio la stagione degli amori, sia per le piante, che per gli animali, che per l'uomo.

Per questo in molte parti del mondo, oltre che a Marte, il mese era dedicato anche a Venere o alle sue corrispondenti nelle diverse mitologie: Afrodite, Astharte, Isthar, Cibele, Iside, e ... Anna Perenna simbolo di tutte le dee dell'amore.


La festa di Anna Perenna era una delle più giocose e gioiose di tutto l'Anno, interamente dedicata all'amore, ai giochi fra amanti e fidanzati, ai corteggiamenti e alla libagione con conseguente rallentamento delle inibizioni.

Si svolgeva nel bosco di Anna Perenna e chi vi partecipava, poteva incontrare l'amore o rinsaldare fortemente quello che già aveva; inoltre si assicurava di trascorrere un anno felice e abbondante.


Dunque l'Equinozio è la grande Festa dell'Amore.

giovedì 19 marzo 2009

Equinozio di primavera


Tra due giorni, il 21 marzo, sarà l'equinozio di Primavera.

Nello Yucatan settentrionale si erge per quasi trenta metri d'altezza il Tempio Maya di Cuculcan, formato da quattro enormi scalinate di 91 gradini ciascuna, che sommati alla piattaforma superiore fanno un totale di 365 gradini, pari ai giorni dell'anno solare.

Questa immensa costruzione, formata da giganteschi blocchi monolitici, è stata costruita e calibrata in modo tale che nei giorni di Equinozio trame triangolari di luci e di ombre si combinino per creare l'immagine di un enorme Serpente che ondeggia sulla scalinata Nord.
La visione dura esattamente tre ore e venti minuti.

Migliaia di schiavi, decine di anni di lavoro, migliaia di blocchi di pietra, precisissimi calcoli basati su profonde conoscenze astronomiche e architettoniche per costruire un monumento il cui unico scopo apparente è di ricordare ai presenti ed ai posteri, per poche ore all'anno, il mistero del passaggio equinoziale.

mercoledì 18 marzo 2009

Hans Christian Andersen

Chi non conosce la fiaba de "Il brutto anatroccolo"?
Scrivo qui l'ultima parte.

".... Una mattina l'anatroccolo si ritrovò congelato e stretto dal ghiaccio e fu allora che sentì che sarebbe morto.
Due anatre selvatiche planarono e scivolarono sul ghiaccio. Esaminarono l'anatroccolo.
"Sei ben brutto!" gracchiarono "Che peccato, non si può fare proprio nulla con uno come te".
E volarono via.

Fortunatamente passò di lì un fattore e liberò l'anatroccolo spezzando il ghiaccio con un bastone.
Sollevò l'anatroccolo, se lo mise sotto il cappotto e si avviò verso casa.

Alla fattoria i bambini si avvicinarono all'anatroccolo, ma lui ormai aveva paura e volò via attraverso la porticina del gatto.
Finalmente all'aperto, giacque sulla neve - mezzo morto, poi si trascinò verso un altro stagno, poi ad un'altra casa e ad un altro stagno ancora ... e così passò l'inverno - tra vita e morte.

Comunque tornò il gentile soffio della primavera e le vecchie si misero a scuotere i piumini e i vecchi riposero i lunghi camicioni ...
Sullo stagno l'acqua diventava più tiepida e il brutto anatroccolo si lasciava cullare - le ali distese.
Sullo stagno nuotavano tre cigni, le stesse creature bellissime che aveva visto in autunno, quelle che gli avevano fatto dolere il cuore.
Provò l'impulso di raggiungerli con la paura di essere ancora una volta deriso. Ma discese lentamente sullo stagno e intanto il cuore gli batteva forte.

Non appena lo videro, i cigni presero a nuotare verso di lui.
Sicuramente la mia fine è vicina, pensò l'anatroccolo, ma - se devo essere ucciso - meglio che a farlo siano queste creature e non un cacciatore, la moglie di un fattore o un lungo inverno. E risultò che era uno di loro. Per caso il suo uovo era finito in una famiglia di anatre.

Lui era un cigno, un glorioso cigno.

E, per la prima volta, i suoi simili si avvicinarono e lo sfiorarono con gentilezza e affetto con le punte delle ali. Lo ripulirono con i loro becchi e gli nuotarono attorno per dargli il benvenuto. E i bambini arrivati per nutrire i cigni con pezzetti di pane, si misero ad urlare: "Ce n'è uno nuovo!" E corsero a dirlo a tutti. E le vecchie andarono allo stagno, sciogliendo i lunghi capelli d'argento. E i giovani raccolsero l'acqua verde nelle mani a coppa e spruzzarono le ragazze, che arrossirono come petali. Gli uomini smisero di mungere per respirare l'aria profumata. Le donne smisero un momento di rammendare per ridere con i loro compagni. E i vecchi presero a raccontare storie sulla guerra che è troppo lunga e la vita troppo breve. E, ad uno ad uno, per via del passare della vita e della passione e del tempo, danzando si allontanarono."

Hans Christian Andersen scrisse decine di storie sull' archetipo dell'orfano. Fu un difensore strenuo del bambino perduto e trascurato e del suo diritto a cercare e a trovare i suoi simili.

Il Brutto anatroccolo, pubblicato per la prima volta nel 1845 è sull'archetipo del deprivato, del diverso, una delle rarissime storie che incoraggiarono successive generazioni di outsiders a non darsi per vinte.

E' una storia fondamentale, psicologica e spirituale: fondamentale nel senso che contiene una verità così basilare per lo sviluppo umano che, senza l'integrazione di questo fatto, il progresso ulteriore è precario e - psicologicamente - non è possibile prospettarlo, se non si comprende del tutto questo punto.

martedì 17 marzo 2009

Marzo


Narcisi, che arrivate prima
del volo delle rondini
e accogliete
i venti di marzo con la bellezza;

umili violette,
ma più soavi delle palpebre di
Giunone e del respiro di Venere;

splendide primule che muoiono
prima di vedere lo sfolgorante
Febo nel suo vigore.

William Shakespeare

domenica 15 marzo 2009

La "sensibilità"


Lessi tempo fa un libro di Nicola Ghezzani,che di tanto in tanto, ancora sfoglio volentieri.

Il libro si intitola "Volersi male" ed è edito da Franco Angeli.

Ne riporto un piccolo brano:

"Alcuni di noi, più di altri, sono dotati di quel singolare tratto psicologico che è la sensibilità.

Qualità tipicamente umana, da sempre elogiata da psicologi e filosofi, essa dovrebbe costituire la via ottimale per raggiungere il benessere.

Spesso tuttavia non è così: quanto più un individuo è dotato di sensibilità, tanto più può andare incontro ad ansie, dubbi, conflitti ...
......
Il masochismo morale è un comportamento psicologico la cui causa emotiva e, a sua volta, il senso di colpa.

C'è dunque un "sistema" psicologico che tiene uniti questi tre termini:
sensibilità, senso di colpa e masochismo morale.

Questo drammatico complesso di fattori psichici può svilupparsi in differenti direzioni: può dar luogo, in alcuni casi, alle cosiddette dipendenze patologiche (da persone, situazioni o sostanze);
in altri, a patologie del carattere come la nevrosi ossessiva "nevrosi del dovere";

infine, in altri ancora, alla depressione, che è l'esito estremo del bisogno masochistico di punirsi e soffrire.

Molto più spesso di quanto la stessa psichiatria non affermi, queste patologie possono essere compresenti in una stessa personalità, e il passaggio dall'una all'altra può essere accompagnato da manifestazioni d'ansia e da attacchi di panico.

Sembra che l'importanza della sindrome masochistico-depressiva sia tale da investire con certezza almeno il 30% della popolazione."



sabato 14 marzo 2009

Citazione


Dobbiamo abituarci all'idea:
ai più importanti bivi della vita,
non c'è segnaletica.

(Ernest Hemingway)

venerdì 13 marzo 2009

La gazza


Non avevo mai visto una gazza dal vivo, fino a pochi anni fa.

Prima vidi un nido piuttosto grande e un po' strano, avevo pensato che fossero arrivate le cicogne.

Giorni dopo davanti a casa su dei pini marittimi ebbe luogo il mio "primo incontro" con le gazze.
Erano almeno cinque, forse di più, molto belle, anche se leggermente inquietanti.

La gazza è un grande uccello, con una scintillante testa nera, vivacissimo.

Molti considerano la gazza come l'esponente più scaltro della famiglia dei corvi.

La gazza è stata spesso considerata foriera di buona fortuna o di malaugurio, a seconda di quante volte viene avvistata e in che numero. Una delle ragioni di tali giudizi contrastanti viene dall'antica leggenda secondo cui essa fu l'unico uccello che rifiutò di entrare nell'arca di Noè, preferendo restare appollaiata sul tetto.

Da questa storia e dal modo in cui la gazza costruisce il nido, ha origine la superstizione secondo cui se si posa sul tetto di una casa, quest'ultima non crollerà mai.

Le gazze costruiscono con fango e ramoscelli il proprio nido, in genere grande e ancorato alla biforcazione di un albero o ad un cespuglio spinoso. il che garantisce stabilità.
I nidi sono molto disordinati.
Gli scozzesi hanno una filastrocca sibillina riguardante il numero di gazze che si possono incontrare, camminando all'aperto.

Uno dolore, due allegria, Tre un matrimonio e quattro un bambino, Cinque un battesimo e sei povertà, Sette è il cielo e otto l'inferno,

Nella tradizione popolare americana esiste un collegamento simile: una sola gazza è sfortuna e può indicare ira;
due, baldoria e matrimonio.
Tre gazze indicano la riuscita di un viaggio:
quattro portano buone notizie e cinque compagnia o feste.

Questo uccello è associato alla stregoneria: un tempo si riteneva che le gazze fossero i familiari delle streghe e dei maghi, spiriti in forma di animali.

In parte questa credenza deriva dalla loro intelligenza e dalla loro attenta osservazione delle attività umane.

La Chiesa e gli animali




La Chiesa e gli animali è un libro scritto da Marco Fanciotti
Come indicato chiaramente dal titolo, il libro si occupa della considerazione che la Chiesa cattolica romana ha avuto nei secoli nei confronti degli animali.

Una parte dell'opinione pubblica ritiene ormai che la visione antropocentrica, che colloca la specie umana al centro del mondo, e le filosofie dualistiche, che contrappongono la materia allo spirito, il corpo all'anima, il raziocinio alla "brutalità", debbono essere superate.

Questo libro reca un contributo importante in tal senso, sotto un duplice profilo.

Da un lato, ricostruisce il percorso di una delle tradizioni di pensiero che maggiormente hanno favorito una visione antropocentrica, quella giudaico-cristiana per come si esprime nel magistero della Chiesa cattolica romana.

Dall'altro lato, mostra come questo percorso, per altro non univoco e anzi talvolta contraddittorio, rappresenti un'occasione perduta per contribuire alla costruzione di una visione del mondo nella quale gli animali abbiano il posto che loro spetta.In particolare l'autore sceglie di trattare in maniera approfondita due argomenti cruciali, sia all'interno nell'attuale dibattito filosofico-morale, sia del mondo animalista: il vegetarismo e la manipolazione genetica degli animali.

In entrambi i casi ci si aspetterebbe dalla Chiesa un atteggiamento opposto rispetto a quello ufficiale.
Tutti gli animali sono creature di Dio e quindi ci si dovrebbe aspettare che il dettame della Chiesa sia quello di non ucciderli per cibarsi.

Al contrario, seguendo un'interpretazione letterale dei termini soggiogare e dominare, tipici dall'Antico Testamento, non esiste nessun precetto e nemmeno consiglio che il "buon cristiano" debba essere vegetariano.

Allo stesso modo ci si aspetterebbe che mischiare geni e parti dei corpi di specie diverse, come accade ad esempio nel caso i trapianti dove l'organo donato appartiene ad una specie differente rispetto all'organismo ricevente, debba essere una pratica vietata per la Chiesa cattolica.

Al contrario, anche in questo caso il potenziale vantaggio per la nostra specie, per altro tutto da dimostrare, porta ad autorizzare tali pratiche.

Marco Fanciotti ha saputo indagare questi temi cruciali nel dibattito morale, ricostruendo con grande acutezza la dottrina della Chiesa cattolica romana e acquistando così un credito non piccolo nei riguardi del movimento animalista.

Un'approfondita trattazione dell'Antico e del Nuovo Testamento, delle varie elaborazioni teologiche, del Catechismo e delle encicliche papali, fanno di "La Chiesa e gli Animali" un testo da regalare anche a chi non è animalista, ma ha voglia di approfondire l'argomento con spirito sgombro da pregiudizi.

giovedì 12 marzo 2009

Marzo


Di nuovo per noi rinverdiscono
e frusciano i salici,
un allegro venticello ci accarezza,
nel campo ancora nascoste sono le spighe;
ancora non si scorgono rondini e allodole:
forse nessuno di loro sa
che già così bella è la stagione.

Josip Murn

mercoledì 11 marzo 2009

Bauschan: ritratto di una amicizia


"Quando la bella stagione fa onore al proprio nome e il cinguettar degli uccelli è riuscito a svegliarmi di buon'ora, perché il giorno precedente l'avevo terminato a tempo debito, mi piace, prima di colazione, camminar senza cappello per mezz'oretta all'aperto, nel viale davanti alla casa, oppure negli ampi prati, per respirare qualche boccata della fresca aria mattutina avanti d'immergermi nel lavoro e per partecipare un po' alle gioie del limpido mattino.

Poi, sui gradini, che portano all'uscio di casa, lancio un fischio modulato su due note, tonica e quarta inferiore, simile alla melodia iniziale del secondo movimento della sinfonia incompiuta di Schubert, un segnale che si può considerare pressapoco come la musica a un nome di due sillabe.

Un istante dopo, mentre continuo a camminare verso la porta del giardino, si ode lontano, in principio appena percettibile, nondimeno sempre più vicino e più chiaro, un leggero scampanellio, come quello che può risultare dallo sbattere di una medaglietta contro le borchie metalliche di un collare; e, quando mi volto, vedo Bauschan in piena corsa svoltare all'angolo posteriore della casa e precipitarsi su di me quasi intendesse buttarmi a terra. Per la fatica, ritira un po' il labbro inferiore così da scoprire due o tre incisivi, che luccicano d'un bianco splendido al sole mattutino."

Proseguo a salti con piccoli brani tratti dal breve romanzo di Thomas Mann
Padrone e cane - la storia autobiografica dell'amicizia tra il cane Bauschan e il suo padrone.

"Il colore di Bauschan è bellissimo. Il manto, di fondo ruggine è tigrato di nero. Perché vi è mischiato anche molto bianco che predomina decisamente sul petto, sulle zampe e sul ventre. mentre tutto il naso schiacciato pare immerso nel nero ........

Del resto può darsi che pure lo sforzo cromatico un po' arbitrario del suo manto sia ritenuto inammissibile da chi consideri le leggi della specie davanti ai valori della personalità ... "


Io passeggio un pochino per quelle stradette, mentre Bauschan, con il corpo in diagonale centrifuga, inebriato dalla felicità di trovarsi in pianura riempie i prati di galoppate vertiginose in lungo e in largo, e magari, abbaiando di indignazione mista a piacere, insegue un uccellino che, stregato dalla paura o dispettoso, gli svolazza sempre vicinissimo al muso.

Dato però che io mi siedo su una panchina, anche lui viene sul posto accoccolandosi ai miei piedi. Perché è una legge della sua vita correre soltanto quando io stesso mi trovo in movimento e osservare invece il riposo non appena io mi sia seduto. La cosa non ha alcuna necessità plausibile, ma Bauschan vi si attiene scrupolosamente.
E' strano, familiare e buffo sentirlo seduto ai miei piedi, che lui penetra con il calore febbrile del suo corpo: in sua compagnia e guardandolo, sono quasi ininterrottamente preso da sollievo e simpatia....."

Konrad Lorenz scrisse di questo racconto di Mann che era la più bella descrizione dell'anima canina.

Felici come un'allodola


Essere felici come un'allodola o matti come una lepre marzolina non sono dei detti stupidi, perché gli animali provano emozioni esattamente come noi.


Se non bastasse l'evidenza della vita quotidiana accanto a cani e gatti, la "conferma scientifica" viene anche dal prof. Mark Bekoff, un etologo dell'Università del Colorado.

Bekoff afferma che gli animali sono degli esseri emotivi ed empatici, che possono provare gioia, felicità, tristezza, paura, dolore, risentimento e gelosia.

"Gli scienziati sono oggi convinti che il comportamento degli animali sia influenzato dalle loro emozioni, non sia solo "istinto", dichiara il prof. Bekoff."

Proprio come noi alcuni animali si svegliano la mattina depressi, mentre altri si svegliano pieni di energia.

"Stiamo imparando che gli animali e gli umani hanno in comune delle strutture cerebrali che sono alla base delle emozioni. Ci sono prove davvero convincenti che gli animali elaborino le proprie emozioni, e che queste influenzino il loro comportamento" asserisce Bekoff.

E continua: "Le emozioni degli animali non sono poi così misteriose. Basta guardarli, ascoltarli e vedere cosa accade quando interagiscono con amici e nemici - guardare la loro faccia, la loro coda, il loro corpo e i loro occhi. Quello che vediamo da fuori, ci dice molto su quello che accade dentro gli animali, nella loro testa e nel loro cuore. Più osserviamo e più troviamo emozioni, emozioni molto complesse".

Il prof. Bekoff racconta che le ricerche dimostrano che gli elefanti sono in grado di essere addolorati, i topi possono provare empatia, i ratti eccitazione nel giocare con un amico, gli squali possono provare rabbia, e i koala simpatia o antipatia.

Gli animali hanno anche la loro personalità. Le madri dei coccodrilli sono molto attente ai loro piccoli, i calamari possono essere timidi, i pesci possono avere delle personalità ben marcate e i coyote a volte sono depressi.

Le ricerche del prof. Bekoff si basano sulla osservazione degli animali in natura. Ha studiato soprattutto i lupi e i coyote, ma anche i cani, i ratti, i tipo, i pesci e i volatili, ed è interessato anche ai delfini e alle balene
"Non possiamo vederli, sono diversi da noi, ma le balene ed i delfini sono esseri estremamente emotivi", ha dichiarato.

E conclude dicendo: "Il nostro modo di interagire con gli animali ha un enorme impatto. Molti parlano della impronta ecologica, ma dovremmo dedicare più tempo e ricerche all'impronta empatica - a come rendere il mondo un posto migliore per gli umani e per gli animali."

Da LEAL Sezione di Sondrio

La foto è della mia indimenticabile cagnolina Kitty.

martedì 10 marzo 2009

La magia della vita


In un campo ho veduto una ghianda:
sembrava così morta, inutile.
E in primavera
ho visto quella ghianda
mettere radici e innalzarsi, giovane
quercia verso il sole.
Un miracolo potresti dire:
eppure questo miracolo si produce
mille migliaia di volte
nel sonno di ogni autunno
e nella passione di ogni primavera.
Perché non dovrebbe prodursi
nel cuore dell'uomo?
(K. Gibran)

lunedì 9 marzo 2009

Frances H. Burnett e Il Giardino segreto


Nella sua casa di Maytham aveva "un giardino delle rose" che era il suo rifugio nei momenti tristi e il luogo dove amava scrivere e ... parlare con i pettirossi.

"E fu proprio qui, nel giardino delle rose, che ebbe le prime idee per Il Giardino segreto, poiché fece amicizia con un pettirosso che sarebbe venuto a mangiare nella sua mano."
"In quel momento io aprii la piccola porta nel muro che nascondeva il giardino dimenticato"

Ma quale è la festa a cui allude la Burnett?

La descrizione fa pensare alla iniziazione delle fanciulle, ancora in voga ai suoi tempi: la presentazione in società.
Evento atteso come la realizzazione di un sogno, lo schiudersi di una nuova vita; sogno spesso infranto dalla consapevolezza di avere invece perduto la cosa più preziosa: l'infanzia.

Ma c'è anche un riferimento a tutte quelle feste a cui ci si prepara con eccitazione e che si rivelano solo una grottesca messa in scena di stati d'animo euforici ed esaltanti, solitamente mai realmente 'vissuti', ma solo 'recitati'.

"Frances aspettava estasiata queste feste. Non vedeva l'ora di andare all festa. Ma poi, quando vi giungeva, anche mentre danzava avvolta dalla musica e dalle risate, essa non poteva credere che questa fosse la gioia che si era prefigurata."

La festa che Mary con i suoi amici organizzano alla fine nel giardino segreto non è illusoria, le loro emozioni sono tali da trasformarli, ma questo succede nel libro.

Il secolo della Burnett è quello in cui streghe e indemoniate "diventano" isteriche e vengono curate come malate.

Il passaggio fra i due secoli vede Freud rivoluzionare le teorie sulla sessualità e sulla funzione dell'inconscio; vede Jung interessarsi di magia e di alchimia nel tentativo di inglobarle in una nuova scienza e Rudolf Steiner rompere il cerchio chiuso della dottrina teosofica, rivolta agli iniziati, per creare una nuova"antroposofia".

La Burnett viaggiava molto e Vienna fu una delle mete per lei più affascinanti,

Tracce di queste nuove idee, che ebbero appunto in questa città e dintorni, il centro del loro sviluppo - riaffiorano ne Il Giardino segreto.

Il tempo della Burnett è quello della definitiva affermazione della classe borghese, fra '800 e primo Novecento: una classe sociale dalla struttura complessa, dove si afferma una nuova opulenza accanto ad una miseria accettata con dignità, dove l'ostentazione di una immagine di radiosa armonia è, a volte, un atteggiamento che nasconde interiori dissidi.

Da un lato infatti si impone un puritanesimo familiare, dove il sesso è lecito solo fra le mura domestiche, dall'altro si assiste al dilagare della pornografia, della prostituzione e del commercio delle perversioni.

La Burnett è cresciuta in un contesto storico-sociale in cui, per essere riconosciuti e accettati, occorreva sfoggiare una serenità vittoriana priva di traumi, per cui era meglio tacere di morti violente, fossero esse dovute a parto o a cadute di vario genere, tenendo conto del valore simbolico del termine "caduta" riferito alla donna.

La Burnett ha con coraggio detto apertamente molte cose contro il suo tempo e contro l'educazione vittoriana: il nodo fondamentale lo ha lasciato alla nostra capacità di decifrare fra le righe e a quella intuitiva dei bambini di cogliere verità celate dal simbolismo fiabesco.

domenica 8 marzo 2009

Giardini, rose, pettirossi: una biografia



"Anticamente la rosa apparteneva al culto della dea Venere e del suo fanciullo divino, Eros.


Anche nei misteri dionisiaci (Dioniso è l'immagine del giovinetto che muore precocemente) le rose avevano un ruolo, così come lo avevano nei culti di Iside.


Nel Cristianesimo il simbolo della rosa si scisse in due aspetti: divenne il simbolo della Vergine madre e dell'amore celeste da una parte, dall'altra il simbolo del piacere terreno, aspetto proprio di Venere."

"E' questa la festa? E' veramente questa la festa? ... Tutti danzano, tutti ascoltano la musica, tutti indossano qualche volta la sciarpa e la collana e osservano turbinare gli altri abiti bianchi, ma c'è mai stato qualcuno che sia andato veramente alla festa?"

Ann Thwaite, biografa di Frances Hodgson Burnett, in "Waiting for the Party (Aspettando la festa), cerca di ricostruire - citando spesso le parole stesse della scrittrice - non solo i fatti della vita, ma anche le emozioni e i motivi dominanti che hanno determinato il corso della sua esistenza.

Si scopre così che giardini, rose, pettirossi, furono per la Burnett parti integranti delle sue esperienze emotive.

Ella amò i fiori fin da quando era bambina e ci fu un momento in cui imparò a coltivarli, traendone grande piacere.

Racconta Ann Thwaite che nell'autobiografia della sua infanzia, la Burnett parla di " quel giardino incantato che al di fuori di tutto e di tutti, è rimasto per tutta la vita, il giardino dell'Eden"

Molti furono i giardini che contribuirono a formare la struttura del romanzo: uno, in particolare, era un giardino abbandonato dietro "una piccola porta verde in un alto muro ...
Era stato un giardino una volta, ed era circondato da alte mura di mattoni, e la piccola porta chiusa da tanto tempo, e una volta era pieno di fiori e di alberi".

Un fiore, un simbolo?

Da più di un anno, sto chiedendo a mio marito che, stranamente :) obbedisce, di non portarmi più fiori per la varie ricorrenze.

No rosa o orchidea per San Valentino, no mimosa per la festa delle donne.

Unica eccezione, il vischio per Capodanno - anche se non credo si possa definire fiore.


Su come è nata la festa delle donne lo sappiamo tutti, su una tragedia.

Quindi il termine "festa" in questo senso è decisamente improprio.
Potrebbe essere chiamata "ricorrenza" o "commemorazione" e l'8 marzo andrebbe ricordato così, rispettosamente in silenzio.

Su quel sacrificio è nata da anni e anni una festa, subito accaparrata dal consumismo, come sempre.

Ma le donne di oggi che ruolo hanno nella società? A me sembrano tanti, i ruoli e diversificati.
Quello che vedo è che le donne non sanno più essere unite. Forse non possono proprio.

Anche solo per fare uno straccio di carriera sul lavoro (per chi ce l'ha) una donna non può appoggiarsi ad altre sue colleghe donna, perché ... molto spesso i pettegolezzi la fanno amica del capo - oppure si sente dire "Che vuole quella, che ha lo stipendio più alto del mio e viene in ufficio in tailleur e scarpe con il tacco?"

Le amiche sono qualcosa di stravagante, vanno e vengono, un giorno ci sono, quello dopo no. Perché?
Probabilmente gli obiettivi sono cambiati nel corso della loro amicizia, forse, senza saperlo si è fatto uno sgarbo ..... forse si ha bisogno qualche volta di star sole, ma non viene recepito se non come qualcosa di diverso e di offensivo.

Noi donne non sappiamo più cosa vogliamo da noi stesse come gruppo. Ed è questa una delle nostre sconfitte.

Se l'8 marzo può rappresentare qualcosa, è la solidarietà tra di noi.

E' questo che ho già augurato ed è questo che auguro ancora.

E spero che i miei auguri arrivino anche a tutte le donne che si voltano dall'altra parte, come se si trattasse di una offesa.

Nonostante tutto, è quasi primavera.

sabato 7 marzo 2009

otto marzo



Auguri a tutte noi!

Oh, senno ...

Non parlo, no, per smentire ciò che Bruto disse, ma qui io sono per dire ciò che io so.

O senno, tu sei fuggito tra gli animali bruti e gli uomini hanno perduto la loro ragione.


(William Shakespeare)

venerdì 6 marzo 2009

Dal "Mestiere di vivere"

L'epoca è pressapoco la stessa dei post precedenti, ma il luogo non è più l'America.

Dal diario di Cesare Pavese:

" 28 novembre 1949

Succede di notte, quando comincio ad assopirmi. Ogni rumore - scricchiolio di legno, frastuono in strada, grido lontano ed improvviso - mi risucchia come un gorgo, un repentino e ondeggiante gorgo, in cui mi crolla il cervello e crolla il mondo.
Nell'attimo attendo il terremoto, il finimondo.
E' un residuo di guerra, delle bombe aeree?
E' una raggiunta consapevolezza della possibile fine universale?

Esaurimento - è una parola ma cosa significa? E' piacevole, un sussulto leggero come d'ubriachezza, e mi riprendo a denti stretti. Ma se un giorno non ce la faccio a riprendermi?"

"1° dicembre 1949

Passeggiando sul lungo Po, davanti ai Monti dei Cappuccini. Imbrunire nebbioso, le ville scompaiono, restano i dorsi scuri, irsuti dei colli, selvaggi, sfumati. A che serve questa bellezza - che cosa significa almeno?

Tornano in mente i pensieri sul selvaggio superstizioso, sulla irrealtà del selvaggio, sul paesaggio magico - se ne conclude che esso influisca su di noi in modo in razionali, non misurabili, non prevedibili.

A che monta questo senso struggente del selvaggio, questa bellezza sobria e rude, questa commozione, se essa influisce su noi appunto soltanto come bellezza, come impressione?

Non è tutto ciò un raffinamento civile? Il selvaggio per essere deve influire vitalmente anche sull'analfabeta, sul villano, sull'uomo economico, deve essere potenza non bellezza"

"6 dicembre 1949

Il pensiero del 1° dicembre chiarisce come sono nati i fascismi. La cultura irrazionalistica dell'Ottocento dovette uscire dalla contemplazione e diventare potenza, economia. Smettere di servire al colto, e influire anche sull'analfabeta.

Origine della nostra barbarie"

"22 marzo 1950

Nulla. Non scrive nulla. Potrebbe essere morta.
Devo avvezzarmi a vivere come se questo fosse normale.

Quante cose non le ho detto. In fondo il terrore di perderla ora, non è l'ansia "del possesso", ma la paura di non poterle più dire queste cose. Quali siano queste cose ora non so. Ma verrebbero come un torrente quando fossi con lei. E' uno stato di creazione. Oh dio, fammela ritrovare."

"23 marzo 1950

L'amore è veramente la grande affermazione. Si vuole essere, si vuole contare, si vuole - se morire si deve - morire con valore, con clamore, restare insomma. ...

"25 marzo 1950

Non ci si uccide per amore di una donna. Ci si uccide perché un amore, qualunque amore, ci rivela nella nostra nudità, miseria, infermità, nulla."

Da "Il mestiere di vivere" - Cesare Pavese - Einaudi Editore

Il diario si conclude il 18 agosto 1950.

giovedì 5 marzo 2009

Luglio 1950


L'estate prima di entrare allo Smith College, Sylvia Plath lavorò in un'azienda agricola del Massachusetts, Lookout Farm.

Questo brano è preso dai "Diari" di Sylvia Plath - Adelphi Edizioni


"Luglio 1950. Forse non sarò mai felice, ma stasera sono contenta. Mi basta la casa vuota, un caldo vago senso di stanchezza fisica per aver lavorato tutto il giorno al sole a piantare fragole rampicanti, un bicchiere di latte freddo zuccherato, una ciotola di mirtilli affogati nella panna.

Ora capisco come la gente possa vivere senza leggere, senza studiare. Quando uno è così stanco, alla fine della giornata ha bisogno di dormire e il mattino dopo, all'alba lo aspettano altre fragole da piantare e così si va avanti a vivere, vicino alla terra. In momenti come questi sarei una stupida a chiedere di più ..."


Nell'autunno del 1962, subito dopo il fallimento del suo matrimonio, la Plath portò a termine la sua opera più importante, Le poesie di Ariel, scritte in un flusso di energia incandescente, trenta in un mese; la prima versione uscì di getto, ma lei lavorò meticolosamente su ognuna in un secondo tempo.

Nessuno aveva visto queste poesie, ma la Plath sapeva - con assoluta certezza - di aver compiuto un salto di qualità.

Il 16 settembre 1962, nel pieno di quel mese straordinario, scriveva alla madre:

"Sono una scrittrice geniale, me lo sento. Sto scrivendo le poesie più belle di tutta la mia vita; mi renderanno famosa ..."

L'11 febbraio 1963, a trent'anni, la Plath si tolse la vita.

America anni Cinquanta: Jack Kerouack



Su Azeta libri trovo un breve sunto sulla strada di Jack Kerouack

"Romanzo dell'amicizia e delle difficoltà dell'amore, della ricerca di sé, del desiderio di appartenenza e della impossibilità a rinunciare al desiderio e al bisogno di rivolta.
Romanzo che sembra dare corpo ancora una volta a tutti i grandi miti dell'America.

... Ma è anche un romanzo della coscienza dell'oscurità, del silenzio


Questo bisogno di ribellione nell'America anni '50 si trova, oltre che in Kerouack, in Allen Ginsberg William Burrougs ... e in un film "Gioventù bruciata" con l'indimenticabile James Dean .


Un film che è un pugno in faccia alla ideologia maccartista e perbenista americana, rivelandoci la crisi dei valori della famiglia e i vizi degli adolescenti.

mercoledì 4 marzo 2009

GLI ANNI CINQUANTA: America e maccartismo



Gli anni Cinquanta portarono a maturazione tutto quello che nel decennio precedente era stato seminato:
il maccartismo, la televisione, la Guerra Fredda.

Nel 1950 le sale cinematografiche videro calare il pubblico del 20%.

Come del resto la società del periodo, anche il cinema si presenta in termini schizofrenici, contraddittori.

Un tema classico del cinema americano è quello della famiglia: da un lato abbiamo deliziose pellicole piene di brio descrittivo che celebrano l'istituzione in termini di elegante e divertente leggerezza, come per esempio "Il padre della sposa" di Vincente Minelli, ma dall'altra questi sono gli anni dei "ribelli senza causa", dei James Dean, e dei Marlon Brando.

Dei due fu il primo in particolare a incarnare la ribellione alla famiglia in pellicole come "Gioventù bruciata" di Nicholas Ray e "La valle dell'Eden" di Elia Kazan.

Diverso il caso di Marlon Brando, la cui inquietudine sembrava incarnare una protesta generazionale che già stava prendendo strade meno dirompenti - ma pur sempre i grande effetto - con l'esplosione del rock & roll.


Fu comunque questo il periodo di quel fenomeno di isteria collettiva patrocinato dal senatore McCarthy che va sotto il nome di "caccia alle streghe".

E il cinema, mezzo di massa per eccellenza, venne sottoposto ad un setaccio ideologico radicale con le famigerate "liste nere" dei cineasti che si supponevano compromessi con la sinistra.


Allontanati uomini di grande rigore morale, la comunità rispose con l'attività di prestanomi che firmarono il lavoro di colleghi ingiustamente licenziati per permettere loro di guadagnarsi da vivere.

Vennero organizzate marce in difesa dei "dieci" di Holliwood e della libertà di pensiero, alcuni (Kazan, Dmytryk) testimoniarono contro i colleghi per semplice paura di perdere il posto.

E l'America si rese conto di essere molto diversa da quel che pensava.


Questo post è una trascrizione delle pagine 101 e 102 del libro "Introduzione al cinema di Hollywood" ed. Mondadori - scritto da Franco La Polla, uno dei principali studiosi italiani del cinema hollywoodiano, professore al Dams di Bologna, mancato il 27 febbraio scorso.


Cinema americano anni '50


Nella vasta e articolata produzione hollywoodiana che sta tra la fine della seconda guerra mondiale e il 1960, emerge un un nuovo impegno politico in senso lato, comune a registri e sceneggiatori, che iniziano ad affrontare esplicitamente con la loro opera temi quali la giustizia, l'antisemitismo, il razzismo, riflettendo le inquietudini sociali e ideologiche che attraversano la società americana di quegli anni.

Si tratta di un tentativo di rinnovamento ideologico e narrativo del cinema hollywoodiano dal suo interno, riflettendo la crisi di una società, ma anche la fine di quell'orizzonte produttivo cinematografico americano che poteva essere definito come "fabbrica dei sogni".


Di origine turca, Elia Kazan, giunge al cinema dopo una significativa attività teatrale con il Group Theatre, che risulterà determinante anche per la concezione drammaturgica alla base del suo cinema, sia nel trattamento della scena, sia nella direzione degli attori.

Le prime opere cinematografiche, tra cui "Un albero cresce a Brooklin" del 1945 e "Pinky, la negra bianca" del 1949 riflettono la necessità di affrontare tematiche sociali.

Kazan comincia una specie di autobiografia indiretta, in cui emorgono eroi negativi, fortemente critici nel loro tentativo di confrontarsi con le strutture sociali.

Coinvolto nella "caccia alle streghe" a Hollywood nel 1952, Kazan fu tra coloro che scelsero la delazione.

Le proprie contraddizioni, il disagio morale ed intellettuale che ne derivavano e che permeavano in generale la società, si riflettono del resto fortemente nelle sue opere degli anni Cinquanta, in una analisi approfondita e complessa della crisi americana.

  • Un tram che si chiama desiderio da Teneessee Williams:
  • Fronte del porto, dramma giovanile sullo sfondo di lotte sindacali;
  • La valle dell'Eden - da Steinbeck - dramma generazionale nella provincia americana sullo sfondo della prima guerra mondiale;
  • Splendore dell'erba.

Al mondo del cinema è dedicato Gli ultimi fuochi (1976) sceneggiato da Harold Pinter, dall'omonimo romanzo di Francis Scott Fitzgerald, in cui, attraverso la denuncia della brutalità della macchina hollywoodiana, si afferma l'impossibilità di essere se stessi.

martedì 3 marzo 2009

Eizenstein scrive su Walt Disney

Eizenstein nacque a Riga in Russia nel 1898. E' stato un grande registra cinematografico e uno dei grandi teorici del film.

A 26 anni girò La corazzata Potemkin, la storia di un ammutinamento avvenuto nel 1905 su una nave da guerra.
Quest'opera esercitò una grande influenza sul realismo cinematografico ed è considerata fra i più bei film della storia del cinema.

La fama di Eizenstein crebbe con Ottobre, girato nel 1927-28 e La linea generale

Andò a Hollywood, ma lì i suoi lavori furono respinti.

Conobbe Walt Disney.
Le parole che seguono qui, sono prese da un libro, pubblicato da SE nel 2004 scritto da Eizenstein con il titolo "Walt Disney"

Comincia così:

"Alma-Ata, 16/11/1941

L'opera di questo maestro è un apporto immenso degli americani alla cultura del mondo.


Giovane, con un paio di baffetti. Molto elegante. Direi una eleganza da damerino. Una somiglianza irresistibile con il suo eroe. In Topolino si ritrova la stessa raffinatezza, l'eleganza, una certa libertà del gesto. Non c'è da stupirsi!

Sembra sia il metodo a richiederlo. Lo stesso Disney recita "la parte", "il ruolo" di Topolino per questo o quel film.

Intorno a lui una decina o forse più, di disegnatori colgono al volo gli sketc comici del loro capo, mentre posa e recita.

E così questi disegni preparatori, infinitamente vivi, pieni di vitalità e in grado di comunicare attraverso l'enfatizzazione del tratto per il solo fatto di essere stati copiati da un uomo in carne ed ossa ... eccoli pronti per un film d'animazione.


Anche il cane Pluto, compagno turbolento del raffinato Topolino, non a caso è così pieno di vitalità: suo modello è un cugino di Walt, da cui si distingue per un modo di fare piuttosto maldestro, rozzo e goffo.

..... Il modesto studio di Disney, talmente lontano, in quegli anni, dal centro città hollywoodiano, dalla sua animazione e dalle sue complicazioni!

La modestia della sistemazione stupisce, se confrontata alla portata colossale della produzione: cinquantadue Topolino Silly Symphonies (tra le quali bisogna includere la Danza Macabra, di inimitabile comicità, con gli scheletri che suonano lo xilofono sulle proprie costole!) ...

Meraviglia anche che la sonorizzazione si effettui a New York, dove vengono spedite le partiture precisissime di musiche definite con esattezza in rapporto ai filmati dei disegni.

.... Sembra che quest'uomo non conosca solo la magia di ogni mezzo tecnico, ma sappia agire anche sulle corde più segrete dei pensieri, delle immagini mentali e dei sentimenti umani.

Egli crea in una zona dell'intimo più profondo e primitivo.

Là dove tutti siamo figli della natura. Crea a livello di rappresentazione dell'uomo non ancora incatenato dalla logica, dalla ragione, dalla esperienza.

E' così che le farfalle creano il loro volo, che i fiori crescono, che i ruscelli si stupiscono essi stessi del loro corso ..."


(Sergej Michallovic Eizenstein - Walt Disney - Edizioni SE)

lunedì 2 marzo 2009

Le origini della maschera



L'essere umano non avrà tardato molto a mascherarsi.

Nei paesi più freddi era necessario difendersi con le pelli dal gelo, ma anche la festa, cioè il proposito di stupire e spaventare, probabilmente, spingevano l'uomo a travestirsi.

Poi c'era la paura degli esseri soprannaturali e maligni, il desiderio di esorcizzare le loro forze ignote e temute, mascherandosi da demone.

Nasceva un rituale e la "maschera" vi occupava un posto importante. Il travestimento comprendeva tutto il corpo, ma soprattutto si aveva cura di renderlo orrido, grottesco, o buffo il volto.

Mascherarsi diventò, con l'andare del tempo, una pratica anche raffinata.

Nelle feste carnevalesche, dove il rito propiziatorio e il gusto di travestirsi, si combinano, la maschera trovò la sua naturale collocazione, che si estese anche al teatro - e, più precisamente alla commedia dell'arte.

Qui, la stessa parola - maschera - venne ad acquistare un altro senso: quello di tipo fisso, che ritorna uguale a se stesso in rappresentazioni diverse, impersonato anche, ma non sempre, dallo stesso attore, con abiti, gesticolazione e, soprattutto fondamentale, la psicologia - sempre uguali.

La commedia dell'arte è commedia di maschere, recitata all'improvviso o a soggetto o a braccio.

Nei paesi stranieri, dove subito (nel XVI secolo) venne esportata venne chiamata più semplicemente italiana e italiani furono gli Arlecchini, i Brighella, i Pantalone, i Pulcinella.

Come c'è stata una "via delle spezie" o una "via della seta", non si può escludere che vi sia stata anche una "via delle maschere".

La foglia che copriva il volto, il colore riportato e la macchia, l'annerimento - come si rileva nei riti tribali africani e polinesiani; poi la corteccia e la fibra in cui si può disegnare, finchè non arrivano il cuoio e il legno - in uso prima in Oriente, poi nel teatro greco-romano, fino alla danza mascherata coreana del Pong-san, corrispondono alla maschera di cuoio e al vestito a pezze di Arlecchino, alla deformazione di Pulcinella, alla parlantina ed alle polemiche giocose o semiserie di Brighella, del Dottore e di Pantalone.

E' un viaggio quindi ammissibile, quello della maschera dall'Oriente alla nostra penisola.

Ma il mio canto d'amore

Era la mia città
la città vuota all'alba, piena di un mio desiderio.

Ma il mio canto d'amore,
il mio più vero,
era per gli altri una canzone ignota.

(Sandro Penna)

domenica 1 marzo 2009

Marzo


Oggi, prima giornata di marzo. E' domenica e qui c'è anche un po' di nebbia.

Come per l'anno romano, anche per il calendario ecclesiastico inglese - in uso fino al 1752 - questo era il primo mese e l'anno legale cominciava il 25 marzo.

La Scozia ha cambiato il primo mese da Marzo a Gennaio nel 1599.

I Romani chiamavano Martius questo mese dal dio Marte e gli Anglosassoni gli diedero il nome di "Hlyd Monath", cioè "mese dei temporali".

Una caratteristica di questo mese è la mutevolezza il cui simbolo è il vento: un vento che ha ancora dell'inverno ed è già primavera.

Marzo pazzerello
guarda il sole e prendi l'ombrello.

Al primo tuon di marzo
son fuori tutte le serpi.

La nebbia di marzo non fa male,
ma quella di aprile toglie vino e pane.

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