L' eresia di Renato e Francesca
comunisti soffocati dal PCI
"I suicidi implicano di rado dei
mandanti, ma chiamano a correi i vivi.
Nel giro di due anni, tra il ' 59 e il '
61, Renato Caccioppoli e Francesca Spada si sradicano di peso dal mondo con un
colpo di pistola e con una scatola di sonniferi. Sono comunisti napoletani.
Con loro si chiude il dopoguerra che, se
fu freddo nel mondo, fu assiderato a Napoli.
Ora lo sappiamo: la città fu
ceduta agli americani per essere destinata a capitale militare dell' Alleanza
atlantica nel Mediterraneo. Non fu una concessione, ma una confisca. Fosse
caduta una sola bomba russa sull' Italia, sarebbe stata recapitata sul golfo.
Qualcuno dirà : "Peccato", qualcuno si darà una grattatina, come è
giusto che sia in una nazione che può misurare la propria unità ogni domenica
sugli striscioni degli stadi.
Ora sappiamo che il sindaco monarchico del
dopoguerra, "ammiraglio" Achille Lauro, incarcerato perché fascista,
fu scelto, liberato e arricchito dagli americani per garantire loro l'
asservimento della città .
E se il porto doveva essere al servizio della Sesta
Flotta, allora bisognava trasferire altrove le linee di navigazione
commerciale. Così l' ubbidiente Lauro spostò a Genova le sue navi, svuotando i
moli e completando l' opera di desolazione. E pur diventando così un armatore
ligure, fu sindaco di Napoli per quasi tutto il decennio Cinquanta.
La città
era così annichilita da concedergli la resa incondizionata di un voto a
maggioranza assoluta. Napoli era stata sospesa dall' Italia e risarcita con l'
aria affumicata d' olio delle raffinerie e con le elemosine procurate da un
meridionalismo di questue alla Cassa manbassa del Mezzogiorno. Le persone di
buona volontà , comunisti e non, presero il largo per non finire assiderate.
Renato Caccioppoli e Francesca Spada tennero duro: e quando fu chiaro per loro
che non restava più nessun presente e più nessun futuro chiusero la porta.
I
suicidi hanno la vocazione potente a essere gli ultimi. Il meridionalismo del
Pci di quegli anni fece la sua brava cilecca, ma non avrebbe potuto granché contro i padroni del mondo.
E questa è l' unica attenuante offerta dal lungo e
commosso atto istruttorio scritto da Ermanno Rea ("Mistero
napoletano", Einaudi, pp. 387, L. 28.000).
Suo intento è rianimare e
riabilitare la figura travolta e travolgente di Francesca Spada, comunista in
Napoli dal '45 al ' 61. Concesse dunque le attenuanti generiche al Pci di
allora, non prevalenti né uguali alle aggravanti, l' atto istruttorio di Rea
dilaga in larghezza di dettagli e di testimonianze.
Si scoperchia un partito
pentola, chiuso e incupito di sospetti all' interno e ostile verso il popolo
dei vicoli intorno, cui rimprovera il vendersi per un piatto di pasta, la sua
natura di sottoclasse infida, cui va contrapposta l' esigua compagine degli
operai.
Rea racconta le dissidenze addomesticate con l' esercizio punitivo
delle autocritiche, comunque mai sufficienti, oppure espulse. Lo stalinismo
resiste a Napoli non solo alla morte del titolare, ma anche alla denuncia dei
suoi crimini, nel ' 56.
Il partito, in mano ad Amendola in città , si arrocca
nella sconfitta e isola il dissenso. Sono anni disperati di critiche soffocate,
di cui sono spariti i verbali dagli archivi, come può scoprire Rea. Con la
morte del matematico Caccioppoli e della musicista Francesca Spada si consuma
in sacrificio quanto di meglio era stato prodotto dalla intelligenza febbrile e
dalla passione d' essere cittadini del mondo di una città assiderata.
Erano
quanto di meglio non solo per latitudine di talento e competenza, ma per l'
affezione spasmodica al luogo. Non vollero né poterono partire, anche se
ridotti dal partito all' inutilità .
C'è un' antica storia: un uomo grida e
grida per la sua città a ogni passante di pentirsi, di ravvedersi, di risorgere.
Nessuno lo ascolta, ma lui prosegue lo stesso. E a un bambino che gli dimostra
l' inutilità del suo sforzo risponde che grida non per cambiare gli altri, ma perché gli altri non cambino lui.
La storia di Francesca Spada grida contro un partito
cui diede ogni risorsa e che diffidò sempre di lei. Perché Francesca era una irregolare, aveva avuto due figli da un uomo che glieli aveva tolti e le impedì
per anni di vederli. Poi ne ebbe altri due con il comunista Renzo Lapiccirella,
uomo di gran valore e di forte presa sui militanti napoletani. Fu emarginato
per la sua libertà di pensiero, per avere difeso il diritto al dissenso dei
giovani studiosi del "Gramsci", e attaccato sul piano personale per
il legame con Francesca.
Perfino un abito da sera indossato da lei a teatro
divenne un capo
d' accusa. Il partito del progresso e della libertà riproduceva
in sé le riserve e le condanne che Francesca incontrava nella città del gelo.
Le migliori intelligenze vennero neutralizzate sprecando le risorse umane di un
grandioso popolo di iscritti. Quel metodo ha forse compattato i ranghi, ma ha
prodotto la diabolica selezione della mediocrità al vertice, guasto di allora e
di oggi del principale partito di sinistra. Vizio politico fu diffidare di un
popolo di disoccupati istigati dalle stesse autorità al contrabbando e alla clandestinità
sociale. Era un popolo che d' inverno si sfoltiva di vecchi e di bambini,
aggiungendo alle varie cause della mortalità anche il freddo, malattia grave
per chi ha pure fame.
Quanto diversi sono stati i comunisti di cui ha fatto
parte la mia generazione dalla fine degli anni Sessanta, che ficcarono le mani
nelle trombe d' aria delle rivolte popolari, cercando un bandolo rosso da
stringere fin dentro la sommossa di Reggio Calabria e poi trasferendosi in
massa nel Sud. Vennero torinesi a Napoli, emiliani in Puglia, toscani in
Sicilia e via rimescolando i meridiani e realizzando il primo vero contro
scambio di risorse e di intelligenze tra Nord e Sud, primo risarcimento dell'
emigrazione. Francesca e Renato non c' erano più ed era sbiadito anche il
ricordo delle loro vite indocili e d' accusa.
Ermanno Rea ha scritto una storia
che spiega a quelli della mia età con un vasto esempio perché la mia
generazione comunista non si è potuta servire del Pci. Personalmente devo a Rea
una grande figura di donna che si è installata nel mio scarso album degli
affetti e gli devo un ritratto finalmente soddisfacente di Renato Caccioppoli.
Raffaele La Capria scrisse un gran libro di cui finora solo il titolo non mi
convinceva: "Ferito a morte", che era per me eccessivo. Ora so che
almeno due cittadini di quella Napoli hanno diritto a quella dedica.
Alla città
assiderata resta l' onore delle loro vite sacrificate a lei come un fumo d'
incenso."
De Luca Erri
Pagina 31
(30 settembre 1995) - Corriere della
Sera
FONTE: http://ramodivento.blogspot.it/2012/04/ricordo-di-renato-e-francesca-comunisti.html
Immagini prese dal web