venerdì 31 agosto 2012

Money Money Money



Non è il testo di una canzone, ma quanto emerge da un
articolo di Guido Rossi su Il Sole 24 ore del 26 agosto, 

Il deficit di democrazia fa danni come il debito


Il debito pubblico, in questo momento storico, coinvolge in tutti i Paesi occidentali il problema della "democrazia". Ai cittadini sconcertati e impauriti dalle continue e contraddittorie dichiarazioni e decisioni sul debito pubblico, sull'influenza che quello degli altri Paesi può avere sul nostro, sui comportamenti altalenanti dei mercati, si pone drammaticamente ora un problema ancor più grave e finora sottovalutato.



Insomma, il problema che assilla l'umanità in questo momento è solo uno e si chiama: denaro. Il denaro che ha i suoi riflessi non solo sul debito pubblico, ma sulla vita decente dei cittadini, vittime sempre più della disoccupazione, della sottovalutazione dei loro diritti, mentre cercano di avere speranze di vita migliore, e sono invece colpiti e commissariati da una speculazione che, aiutata anche nella tecnologia, gioca solo sul brevissimo termine. E così produce ricchezza il più velocemente possibile e impone ad altri quelle procedure di austerità che finora hanno giovato, con l'aiuto dei governi, solo alle banche e alle grandi istituzioni finanziarie.

L'asserzione ripetuta dovunque è che non vi è alternativa all'austerity e con l'aiuto quasi indiscriminato dei media quelle asserzioni sono riuscite a trasformare la crisi delle banche, che avevano temerariamente giocato sulla speculazione, nella crisi del "welfare state", dando così ai governi la chance di rimodificarlo a uso e consumo del capitale finanziario. Ma il potere del denaro ha provocato, oltre che uno scoraggiante e devastante decadimento delle élite, un assopimento totale della legalità. Il disastro che è avvenuto con le falsità dei dati forniti nel Libor 
avrebbe in altri tempi provocato uno sgomento. 

Ora questo sembra solo uno dei modi di operare del sistema, tant'è che le reazioni dei banchieri colpevoli, che hanno fornito i dati falsi, è che tutto ciò non sarebbe né illegale né criminale. Identica assuefazione ha declassato l'avidità a male minore dell'attuale società. Infatti la reazione morale del pubblico americano agli enormi bonus dei manager di Wall Street (ma non solo) non è stata, secondo Micael Sandel, filosofo di Harvard, l'indignata ribellione alla esagerata avida remunerazione del manager, quanto invece il compenso per il fallimento delle imprese da loro gestite. 
È così che anche la morale ha preso l'aspetto di "morale del denaro".

Ma questa insofferenza per la legalità si riscontra in quel che sta ora avvenendo negli Stati Uniti d'America. Dopo le pesanti recenti ammende inflitte dalla giustizia federale americana a Ing, a Standard Chartered e a Deutsche Bank, si è appreso mercoledì scorso che anche la Bank of Scotland è indagata per sostegno al terrorismo, per illegalità internazionali e per riciclaggio. Né fa più scandalo che anche grandi istituzioni finanziarie siano nel recentissimo passato state condannate a pesanti ammende, quali la Barclays, il Credit Suisse, i Lloyd's e Jp Morgan.

Il denaro (nelle sue varie vesti di speculazione, di debito pubblico, e di austerità) è ora purtroppo protagonista delle scadenze elettorali di varie democrazie, o di fine dei mandati dei governi tecnici. Queste scadenze inducono all'instabilità delle dichiarazioni, alle promesse e alle decisioni sovente contraddittorie, che hanno due esempi piuttosto clamorosi.

Il primo è l'ondivago e contraddittorio atteggiamento europeista della Cancelliera Angela Merkel, sia per quel che riguarda la Grecia, sia sulla tenuta dell'euro, e il suo futuro. Le strutture interne della democrazia tedesca dalla Corte Costituzionale al Parlamento, così come l'opinione pubblica, sono spaccate, e l'unico denominatore comune rimane il mito dell'austerity, soprattutto per gli altri, e ciò spiega l'atteggiamento della Merkel.

Il secondo clamoroso esempio è costituito dalle elezioni americane del prossimo novembre. Un lungo articolo sull'ultimo numero del New Yorker entra negli sconvolgenti dettagli dell'influenza che i contributi in denaro ai due candidati avranno sull'elezione del prossimo presidente, soprattutto dopo che, con la sentenza Citizen United del 2010, la Corte Suprema ha dato il via libera, senza limitazioni, ai contributi elettorali da parte delle grandi Corporation. La conclusione del lungo articolo, che riporta una dichiarazione di Bill Burton è: "una volta che il big business si rende conto che può comprare la Casa Bianca, voi dovete domandarvi quale sia il limite".

Non posso al termine che dichiarare che, a parer mio, non è urgente soltanto la lotta alla speculazione dei mercati finanziari, ma diventa urgentissima per la classe politica e le istituzioni una seria ridiscussione dei principi basilari della democrazia, dei rapporti fra i poteri dello Stato, dell'influenza diretta e indiretta delle lobby economiche. 

Altrimenti dovunque le prossime elezioni saranno inutili. Ma questa volta la discussione dovrà essere portata avanti anche dai cittadini nelle loro varie e diverse formazioni, perché è solo dalla loro volontà, e non da quella imposta dall'interno o dall'esterno, che si giocherà il destino della democrazia in Italia, in Europa e negli altri Paesi.

Guido Rossi su Il Sole 24 ore del 26 agosto 2012


mercoledì 29 agosto 2012

E dopo l’assenzio, un vecchio post


Dopo avere riportato ieri qualche stralcio da un libro sull'assenzio, mi viene voglia di riproporre quanto da me scritto in questo blog il 7 gennaio 2009

Arte e Follia


"Qualche giorno fa, in un commento ad un mio post, Jaenada commentava sul fatto che grandi come Alda Merini o Pound, fossero stati rinchiusi in manicomio.

Proseguendo il discorso e pensando all'associazione mentale che spesso leggendo o guardando opere d'arte mi colpisce dolorosamente, ossia il pensiero della "follia" - vorrei fermarmi a scrivere alcune considerazioni, non tutte mie.

Ho chiesto aiuto - da tempo - ad autori come Umberto Galimberti, Eugenio Borgna, Bruno Callieri, persone che portano chiarezza, conforto davanti ad un tema simile: la follia.

Antonia Pozzi

E' indubbio che ci sia una creatività incistata nella follia.

C'è nell'artista un bisogno di esprimere mondi altri da quello che abitualmente viviamo, un desiderio di espandere orizzonti fino alla vertigine del senza-confine.

Come diceva Jaspers "c'è la perla nella conchiglia" - immagine metaforica dello spirito creativo dell'artista che è al di là dell'opposizione tra normale ed anormale, come appunto la perla che nasce dalla malattia della conchiglia.


Come non si pensa alla malattia della conchiglia - ammirandone la perla - così di fronte alla forza vitale dell'opera non pensiamo alla schizofrenia che forse era la condizione della sua nascita.

Eugenio Borgna legge la follia come "la sorella sfortunata della poesia".

E quindi le esperienze di vita e di morte nelle considerazioni filosofiche di Simon Weyl, la malinconia sfibrata ed oscurata di Emily Dickinsons e di Ingeborg Bachmann che si fa musica in Franz Schubert, il destino di dolore e lo scacco esistenziale di Van Gogh, nelle cui esperienze d'arte, trova espressione l'angoscia psicotica .... sono lo specchio dove, spesso oscuramente, a volte con toni abbaglianti - la condizione esistenziale di noi tutti trova un suo riflesso, una sua descrizione.

La follia - come scrive Bruno Callieri - è la scissione nell'uomo, la sua lontananza dagli altri, la sua estraneità al mondo e la psichiatria organistica di certo non aiuta, proponendo farmaci.

Farmaci, non ascolto, non conoscenza delle diverse modalità della sofferenza esistenziale che non ha organi del corpo specifici come riferimento.

Ma anche noi, noi tutti dovremmo prestare attenzione all'urlo straziante del folle (chi non ha davanti agli occhi "l'Urlo" di Munch") o al suo muto silenzio, dal momento che non possiamo ignorare che la sua disperazione - solo per intensità e frequenza differisce dalla nostra.

"Noi siamo un colloquio" diceva Hoederlin dall'abisso della sua follia.

Già Kafka annotava che "scrivere una ricetta è facile, ma ascoltare la sofferenza è molto, molto più difficile"


Alcune considerazioni sono state tratte da:

Umberto Galimberti - Scoprire Il dolore dell'anima;
Eugenio Borgna - Come in uno specchio oscuramante,
Eugenio Borgna - Malinconia
Bruno Callieri - Corpo, esistenze, mondi.

L'immagine di Antonia Pozzi è stata trovata in rete

martedì 28 agosto 2012

Un po' di ambrosia verde

Mi è capitato fra le mani un libriccino simpatico.

Si intitola "L'assenzio Un mito sempre verde."

Ne è autore Benoit Noel 

"I successi folgoranti dell'assenzio fra il 1830 e il 1915 gli hanno procurato molti nemici.
Oltre al gusto notevole, il suo successo si deve alla qualità dei riti che ne accompagnano la degustazione.
Ogni azione trae vantaggio dall'essere ritualizzata.

Bisogna innanzitutto versare un po' d'assenzio nel fondo di un  bicchiere. La dose ragionevole è spesso indicata da un segno sul bicchiere. Poi si piazza un cucchiaio traforato in equilibrio sul bicchiere e vi si poggia una zolletta di zucchero.
Si versa delicatamente l'acqua sullo zucchero che si scioglie lentamente nel bicchiere attraverso il cucchiaio. 

L'essenziale del rito consiste precisamente nel "mescolare" correttamente l'assenzio con l'acqua per preservare l'aroma dell'erba santa e ottenere quella colorazione particolare tra lo smeraldo e l'opale.



Questa operazione che evoca l'alchimia procura all'assenzio la sua reputazione di filtro magico. Alcuni sono convinti di leggere sulla sua superficie come altri nei fondi del caffè.
[....]

Per ben comprendere il fenomeno assenzio bisogna collocarlo correttamente nella sua epoca, prima di compararlo alla nostra. 
Non dimentichiamoci mai che la fata verde convisse durante tutta la sua vita con  la fata bianca, cioè la cocaina, e con la fata grigia, che altro non è se non la morfina.
Nessuno ignora d'altronde che le fumerie d'oppio pullulavano a Parigi alla fine dell'Ottocento, e che i tremori di Jean Lorrain erano dovuti all'etere!
La nostra attuale gamma di droghe deriva dunque, a rigor di logica, da quella offerta alla fine di quel secolo.............

In altre parole, prima di gettare discredito sull'assenzio, interroghiamoci sulle mucche pazze e sui cavalli che, in occasione di corse truccate, sono più pesanti per il peso delle anfetamine che per quello del fantino.

Nell'epoca in cui i politici e i medici rivedono la classificazione tradizionale delle droghe (sono l'alcol e il tabacco degli stupefacenti? Bisogna liberalizzare la cannabis?) è importante separare, per quanto riguarda l'assenzio, la parte del mito da quella della verità.
Si pensa spesso che la gente si rifugi nelle droghe per fuggire a un mondo di contingenze e di costrizioni e per accedere a uno spazio astratto, fuori dal tempo.

La fuga ha qualcosa di positivo, e ognuno di noi la pratica a suo modo. Però la fuga non vale che quando si ritorni sani  salvi. Nostra Signora dell'Oblio non deroga a questa regola."

Da L'Assenzio Un mito sempre verde di Benoit Noel- Ed. Odradek - 2001-
Opera pubblicata con il contributo dell'Ambasciata di Francia in Italia/B.C.L.A e del Ministero degli Affari esteri della Repubblica francese.


Pablo Picasso, L'assenzio

Immagini prese dal web


lunedì 27 agosto 2012

Aforismi di fine agosto

End of august



L'uomo è per natura gregario. Ricerca più o meno consapevolmente la vicinanza non già del suo prossimo generico, ma solo di chi condivide le sue convinzioni più profonde (o la sua mancanza di tali convinzioni).
Primo Levi


Giustizia ritardata è giustizia negata.
Montesquieu

I giornali hanno con la vita all'incirca lo stesso rapporto che hanno le cartomanti con la metafisica.
Karl Popper

È assai sorprendente che le ricchezze degli uomini di Chiesa si siano originate dai principi di povertà.
Montesquieu

domenica 26 agosto 2012

Chiudere un occhio



Ho trovato uno scritto di Chris Hedges che mi piace molto e che ripropongo in versione ridotta, ma citandone la fonte, per chi volesse leggere l’intero.


"Le società civili vedono quello che vogliono vedere. Da una miscela di fatti storici e fantastici, creano miti di identità nazionale. Ignorano i fatti spiacevoli che disturbano l'auto-esaltazione

Le culture che durano dedicano un spazio riservato a coloro che mettono in dubbio e sfidano i miti nazionali. 
Artisti, scrittori, poeti, attivisti, giornalisti, filosofi, ballerini, musicisti, attori, registi e ribelli devono essere tollerati se una cultura vuole evitare il disastro. 

I membri di questa classe artistico-culturale, che solitamente non sono benvenuti nelle stordenti aule accademiche dove trionfa la mediocrità, fungono da profeti. Sono allontanati o etichettati come sovversivi delle élite del potere, perché non condividono il narcisismo collettivo dell'autoesaltazione. Essi ci obbligano ad affrontare tesi mai prese in considerazione, quelle per cui andremmo verso la distruzione se non le affrontassimo. 

Essi ci presentano le élite governanti come false e corrotte. Essi manifestano l'insensatezza di un sistema basato sull'ideologia della crescita senza fine, dello sfruttamento continuo e della costante espansione. Ci ammoniscono del veleno del carrierismo e della futilità di ricercare la felicità accumulando benessere.


E se una cultura perde la capacità di pensiero ed espressione, se realmente mette a tacere le voci dissidenti, se si rinchiude in quello che Sigmund Freud chiamava "ricordi di copertura", un miscuglio rassicurante di fatti e finzione, allora quella cultura muore. 

Si arrende il suo meccanismo interno di blocco delle auto-illusioni. 

Dichiara guerra alla bellezza e alla verità. Abolisce il sacro. Trasforma l'educazione in un corso di formazione professionale. 
Ci rende ciechi. 

E questo è ciò che è avvenuto. Ci siamo persi in alto mare durante la tempesta. Non sappiamo dove ci troviamo. Non sappiamo dove stiamo andando. E non sappiamo cosa ci capiterà. 

Lo psicoanalista John Steiner chiama questo fenomeno "chiudere un occhio". Fa notare che spesso abbiamo la possibilità di avere conoscenze adeguate, ma poiché è spiacevole e sconcertante decidiamo inconsciamente, e spesso consciamente, di ignorarle.

La prova tangibile della decadenza nazionale - lo sgretolarsi delle infrastrutture, l'abbandono delle aziende e di altri posti di lavoro, le file di negozi distrutti, la chiusura di librerie, scuole, stazioni dei pompieri e uffici postali - che vediamo accadere sotto i nostri occhi, passano in realtà inosservati. Il rapido e terrificante deterioramento dell'ecosistema, provato dall'aumento delle temperature, dalle siccità, dalle alluvioni, dai raccolti distrutti, le perturbazioni anomale, lo scioglimento dei poli e l'aumento dei livello dei mari, vanno perfettamente d'accordo con il concetto di "chiudere un occhio" formulato da Steiner. 

Ed è qui il dilemma che dobbiamo affrontare come civiltà. Ci dirigiamo collettivamente verso l'autodistruzione. Il capitalismo commerciale, se lasciato a briglia sciolta, ci ucciderà. Ciò nonostante, rifiutiamo di vedere cosa ci accadrà, perché non possiamo pensare né ascoltare ancora quelli che pensano, per capire cosa ci aspetta.

Abbiamo creato meccanismi di intrattenimento che offuscano e mettono a tacere la verità nuda e cruda, dal cambiamento climatico al collasso della globalizzazione, alla schiavitù del potere commerciale, il che significa per noi autodistruzione. 
Se non possiamo fare nient'altro dobbiamo, come individui, alimentare il dialogo privato e la solitudine che sviluppano il pensiero. Meglio essere un emarginato, uno straniero nel proprio paese, piuttosto che emarginati da se stessi. Meglio vedere quello che ci accadrà e resistere, piuttosto che ritirarci nelle fantasie condivise da una nazione di ciechi.


L'incapacità di pensare, scrisse la Arendt, "non è una debolezza di molti cui manca la capacità cerebrale di farlo, bensì un possibilità eventuale per chiunque - scienziati, studenti e non si escludono altri specialisti in attività intellettive." 

sabato 25 agosto 2012

Funeral Blues





Fermate tutti gli orologi, isolate il telefono,
fate tacere il cane con un osso succulento,
chiudete i pianoforte, e tra un rullio smorzato
portate fuori il feretro, si accostino i dolenti.

Incrocino aeroplani lamentosi lassù
e scrivano sul cielo il messaggio Lui È Morto,
allacciate nastri di crespo al collo bianco dei piccioni,
i vigili si mettano guanti di tela nera.

Lui era il mio Nord, il mio Sud, il mio Est ed Ovest,
la mia settimana di lavoro e il mio riposo la domenica,
il mio mezzodì, la mezzanotte, la mia lingua, il mio canto;
pensavo che l'amore fosse eterno: e avevo torto.

Non servon più le stelle: spegnetele anche tutte;
imballate la luna, smontate pure il sole;
svuotatemi l'oceano e sradicate il bosco;
perché ormai più nulla può giovare.


Wystan Hugh Auden  

Immagine presa dal Web


venerdì 24 agosto 2012

Bologna, Piazza Verdi, pianista, e intolleranze...


Forse, solo chi abita a Bologna, e ha seguito le varie, bizzarre vicende di piazza Verdi, di via del Pratello, che si riassume in fondo nell'indignazione dei cittadini per qualche decibel in più di musica nella zona universitaria, ma forse anche in lattine o bottiglie di birra sul selciato, solo chi ha seguito tutta questa cronaca bolognese riesce a capire l'articolo di Luca Bortolotti che di seguito ripropongo.
Se Savino Petrilli  mi legge, sa di sicuro di cosa si tratta.

"Il pianista fuori posto" irrompe a sorpresa in piazza del Nettuno in un’assolata mattina dell’agosto in cui anche la musica dal vivo all’aperto, a Bologna, sembra fuori posto. 
Col suo pianoforte mezza coda caricato su un piccolo carrello, attorno alle 10 di ieri mattina Paolo Zanarella, 44 anni da Padova, è arrivato sotto il Gigante. 
Lì s’è fermato, e ha iniziato a suonare, come fa da tre anni nelle strade di tutta Italia. 
"Ho suonato per trent’anni, da autodidatta, a teatro, e ho capito che così non si tirava avanti", confessa.


Foto da La Repubblica: Il pianista fuori posto


"C’è poco pubblico, e bisogna prenderlo per i capelli", racconta. Così tre anni fa ha trasformato le piazze nel suo teatro: "Ed è un teatro in cui la gente c’è sempre, e mi dà più soddisfazioni", dice. 

In piazza Nettuno è arrivato senza preavviso né autorizzazioni. Nel book in mostra accanto ai suoi cd, ci sono le foto dei precedenti concerti, la rassegna stampa e le mail dei fan, ma pure i verbali dei vigili urbani di mezza Italia, ricordo delle multe per occupazione abusiva di suolo pubblico. 

"Sono fortunato che oggi i vigili non mi abbiano cacciato, come successo altrove", dice Zanarella. La sorpresa, magari, potrebbe averla trovata tornato al furgone col quale trasporta il piano, parcheggiato in centro, lo ammette, "anche quello in modo un po’ abusivo".

"Il pianista fuori posto", che per la prima volta passa da Bologna, non sapeva nulla della tormentata estate della musica all'aperto in città
Altrimenti, si sarebbe stupito ancora di più nel vedere i vigili passare senza intervenire, spiegando che l’importante era non usasse strumenti elettrici. 

Del resto, i suoi spettacoli sono così, senza regole e orari: "Io suono finché c’è gente che mi guarda, o fino a quando non mi mandano via". Non è successo, e lo show unplugged del “Pianista fuori posto” è andato avanti, tra i sorrisi e la partecipazione di passanti, turisti incuriositi, bolognesi. Chi lo accompagnava con le mani, chi lo aiutava a spostare di tanto in tanto il pianoforte all’ombra. 

Anche un duetto improvvisato, su "O Sole Mio" prima e "Caruso" poi, con uno dei fan conquistati durante il concerto. Jam session estemporanea in quasi due ore di uno spettacolo capace di variare da Frank Sinatra alla sigla di “Happy Days” in poche note. 

"Nelle strade, la cultura è multiforme, bisogna variare — spiega — . Si è abituati a pensare al piano come a uno strumento d’élite, invece si adatta a ogni genere, può anche divertire".

Zanarella è ospite del Buskers Festival di Ferrara, e ha colto l’occasione per venire a suonare a Bologna
Già questa mattina vuole tornare in città, e ieri chiedeva l’aiuto del pubblico per scegliere il luogo più adatto. 
Chi gli consigliava Piazza Santo Stefano, chi un passaggio a Rimini per il Meeting per l’amicizia, chi di tornare sabato col centro pedonalizzato. Nei giorni scorsi, a Padova, il Comitato di quartiere Stanga l’ha "ingaggiato" per tenere lontani gli spacciatori dai giardini dell’Arena. Vuoi vedere che l’ultima sfida del "Pianista fuori posto" sarà proprio Piazza Verdi?
Fonte  

giovedì 23 agosto 2012

Anomalie e similitudini


".....Durante tutto l'inverno, questo appartamento era la base logistica da cui i miei genitori partecipavano alla vita ricca e alla moda di New York.
Io lo chiesi, anzi, una volta: "Siamo ricchi?"



- Be' ricchi proprio no - rispose Harry. - Certo non come i Ralston  o i Gray. Benestanti, diciamo -

- In termini reali - lo contradisse Sarah che, del resto, lo contraddiceva sempre - noi siamo molto, molto, molto ricchi..."

Gli amici di Sarah e di Harry... Le loro vite si sono smembrate, ormai e da un bel po'!
Ma formavano, allora, un gruppo che pareva fiabesco. Erano gente che non aveva sofferto alcuna tragedia, né privata, né pubblica.
La crisi economica della "depressione" americana non li sfiorava: vivevano, negli anni '30, come sospesi al di sopra delle correnti della storia e, se dovevano parlare di Franklin Roosevelt, dicevano  'costui' parodiando (male) i suoi 'discorsi accanto al caminetto' e (crudelmente) sua moglie Eleanor.

E avevano una certa simpatia per il Duce che faceva arrivare in orario i treni italiani.
Quanto al Furer, commentavano che una cosa, almeno, si poteva dire sul suo conto: che aveva risolto il problema della disoccupazione.  ...."

Da Il castello sulla sabbia  di Mary Ellin Barrett - 1966


La Grande Depressione del 1929 fu la maggiore crisi nella storia degli Stati Uniti, colpendo praticamente tutto il mondo industrializzato. Cominciò nel 1929, e durò circa dieci anni.


La crisi dell’economica americana iniziò nel 1928 con la caduta dei prezzi agricoli e esplose il 29 ottobre del 1929 quando affondò la Borsa di New York. Quel giorno scesero rapidamente gli indici di numerosi titoli e continuarono la loro discesa per tre mesi consecutivi. Le quotazioni continuarono a scendere anche gli anni successivi. Inizialmente la crisi fu un po’ sottovalutata. 

Le banche non avevano soldi e quindi le aziende non ottenevano credito, le produzioni si fermavano, creando disoccupazione. Questa situazione si estese rapidamente anche all’Europa inondata di capitali americani.

In questa situazione nei paesi occidentali e particolarmente negli USA, si iniziò una politica dove lo stato interveniva direttamente nell’economia. Si trattava del “New Deal”, in Europa conosciuto come il Welfare State.

Le cause
Molti fattori contribuirono a questa crisi; nonostante, la causa principale di questo disastro finanziario, conosciuto come il giovedì nero, fu una speculazione esagerata, dovuta alla sovrapproduzione e all'inflazione del credito, così come a causa di una ineguale distribuzione della ricchezza negli anni ’20 e alle speculazioni in Borsa. Le profonde diseguaglianze crearono un’economia instabile.

Fonte

L'immagine è presa dal web

martedì 21 agosto 2012

Dialogo fra innamorati

_ Guarda le mucche - disse lei, indicando il pascolo più in basso.
- Sono tanto stupide, vero? -

- Mi sa di sì-.

- Chissà a cosa pensano? -

- A mio avviso non pensano affatto.-

- Non saprei. -

- Solo noi uomini siamo in gradi di pensare - sentenziò lui, sorridendo.
- Ecco perché ci chiamano padroni del creato. -

Si guardò intorno.



Non sentì il sussurro degli alberi, il gorgoglio dell'acqua sulle rocce e nella terra, il mormorio delle nuvole che dicevano:
L'uomo sa poco di quel che domina, ancor meno dei suoi sudditi e quasi nulla di sé.

I due si alzarono e calpestarono la terra sicuri di possederla e di ottenere sempre il suo sostegno.
Quell'idea si trasformava in certezza perché loro le attribuivano veridicità.

Calpestarono il terreno come se sapessero che la trama non avrebbe ceduto e si avviarono nella luce dorata, dorati anch'essi, e la magnificenza di quel luogo e dei suoi pascoli d'altura, del suo stagno verde smeraldo inverosimilmente situato su uno dei picchi più elevati, fece loro da cornice perfetta.

Highbury

E finché scendevano per la strada di montagna, il corvo gracchiò il suo saggio commento, il falco virò planando in alto e i topi campagnoli scartarono avanti e indietro, mentre l'aria stessa li blandiva, raccontando che la terra amorosa aveva tessuto la sua trama per loro, con il fenomenale amore che dispensava alle sue creature.


Da: La follia di una donna innamorata di Susan Fromberg Schaeffer - ed. Neri Pozza.

lunedì 20 agosto 2012

Agosto e i totalitarismi




Londra, 19 ago- La condanna di Pussy Riot a Mosca e' un esempio di ''unita' nell'oppressione'', ha detto Julian Assange dal balcone dell'ambasciata ecuadoriana a Londra. 
''C'è unità nell'oppressione. Ci deve essere determinazione e unità nella risposta'', ha detto Assange ricordando le tre giovani punk condannate a due anni di carcere in Russia per aver cantato una canzone anti-Putin nella cattedrale del Cristo Salvatore a Mosca.


Matteo Tassinari, nel suo blog Notti Notturne, descrive particolarmente bene questa storia dei nostri giorni.

Leggetela qui!

http://mattax-mattax.blogspot.it/2012/08/pussy-riot-da-cristo.html

Un altro agosto, all'insegna del totalitarismo, fu quello del 1968 a Praga.

Praga - Agosto 1968

Scrive Milan Kundera ne L’insostenibile leggerezza dell’essere

"Tutti i precedenti crimini dell’Impero russo sono stati compiuti al riparo di un’ombra discreta. La deportazione di mezzo milione di lituani, l’assassinio di centinaia di migliaia di polacchi, la liquidazione dei tatari di Crimea, tutto ciò è rimasto nella memoria senza documenti fotografici e quindi, in fondo, come qualcosa di indimostrabile che, prima o poi, sarà fatto passare per una mistificazione. Invece l’invasione della Cecoslovacchia del 1968 è stata fotografata e filmata e depositata negli archivi di tutto il mondo. 
I fotografi e gli operatori cechi capirono che proprio loro potevano fare l’unica cosa che si potesse ancora fare: conservare per un lontano futuro l’immagine di una violenza. […] I russi non sapevano che fare. Avevano ricevuto precise istruzioni su come comportarsi se qualcuno avesse sparato contro di loro o gettato delle pietre, ma nessuno aveva dato ordini su come reagire se qualcuno avesse puntato su di loro l’obiettivo di una macchina fotografica".

Il futuro lontano prefigurato da Kundera è il nostro presente, che offre purtroppo drammatiche analogie con gli avvenimenti praghesi. La storia sembra tragicamente ripetersi con macabra monotonia, a ricordarci che il male dell’uomo è sempre presente. 
Fonte



sabato 18 agosto 2012

Foto particolari per un mini-furto di ferragosto

Penso sia capitato a molti il fatto che sto per raccontare; fra l'altro, se si vuole escludere la crisi che c'è in giro, la settimana di ferragosto è sempre stata conosciuta come quella idonea per i ladri

La notte scorsa sono arrivati anche qui, in casa mia.
Ma, grazie a congegni di sicurezza, i ladri si sono dovuti fermare al garage, senza entrare quindi nella abitazione vera e propria.

D'altronde, a parte un leggero caos nella stanzetta ripostiglio accanto al garage, sono riusciti a prendere 400 euro dal portafoglio di mio marito, dentro la sua auto.

Forse ne hanno più bisogno di noi, dato i tempi.

E' rimasta la solita sensazione di leggero smarrimento, perché la casa mi sembra tuttora "sporca".

In questa situazione c'è stato un aspetto abbastanza buffo.
Forse Freud l'avrebbe definito come parte del "conturbante"

Razionalmente però si spiega: i ladri o il ladro, hanno frugato dove potevano e si devono essere imbattuti in una scarpiera per le scarpe d'inverno.

Ora faccio parlare le foto. Stavolta non potevo fare a meno di scattarle, perché ... beh, considerando che siamo in estate .....


Giardino sul retro in agosto


IL CONTURBANTE, ovvero una pantofola di Natale cresciuta in pieno agosto


martedì 14 agosto 2012

Ebbene sì, è arrivato il momento.

Non riuscivo a crederci ma domani è già Ferragosto.
La mia dimensione temporale è leggermente svagata in questi giorni.

Risponderò a tutti i vostri cari commenti del post di ieri, ma dopo il 15 di questo mese.
Sappiate che sono stati tutti graditi, come sempre del resto.

Non farò follie per ferragosto. Ormai la parola "follia" mi sembra più una dimensione interiore, dove mi ritrovo più facilmente ...
Le follie di massa non mi appartengono più. Troppo faticose.

Non sono neppure una fotografa, per cui userò foto di altri per guardare il mondo.

Londra

Oslo (?)

Praga

E, per finire, in modo tradizionale ...

Fuochi d'artificio

Auguro davvero di cuore, un Buon Ferragosto a tutte e a tutti gli amici!

A presto,
Lara

lunedì 13 agosto 2012

Aforismi di … donna



Eleanor Roosevelt


Nessuno può farti sentire inferiore senza il tuo consenso.


Sono così felice di non essermi mai sentita importante. Ci si complica la vita!


Nel lungo periodo diamo forma alla nostra vita e diamo forma a noi stessi. Il processo non finisce mai, fino alla morte. E le scelte che facciamo sono in ultima analisi, la nostra responsabilità.


Tutti questi aforismi sono di Eleanor Roosevelt

domenica 12 agosto 2012

Società, individuo, emarginazione



Un tempo amavo leggere una rubrica di recensioni di film su Vertici.com, quando venivano scritte da Biagio Giordano.

Purtroppo non credo che Vertici esista ancora e di Biagio Giordano non ho più notizie.

Ho tuttavia conservato alcune sue recensioni.

Tra le tante, questa riferita a un film finlandese del 2006:


Le luci della sera


Uno dei migliori film di Kaurismaki. 
Il film è ambientato in una città industriale della Finlandia e ha per oggetto una storia di emarginazione
Koistinen è un guardiano notturno taciturno e sensibile. Fa il suo lavoro onestamente e cerca dei rapporti con le donne di tipo paritario, rifiutandosi di recitare ruoli virili che non sente o scene autoritarie che coprono le sue presunte debolezze.

Le donne non capiscono il suo comportamento e tendono a usare le sue apparenti fragilità in una direzione più speculativa che vada a proprio vantaggio. 

Le difficoltà di relazione con le donne di Koistinen sono sovente oggetto, da parte dei colleghi, di derisione e scherno volgare. La sua mancanza di autorità - degnamente sostituita da una disponibilità a discutere pacatamente i problemi che insorgono sul lavoro - viene scambiata da tutti per debolezza vile. 


Scena dal film

Koistinen in molte situazioni quotidiane viene anche maltrattato. E’ uno “straniero bianco”, scomodo e imbarazzante, un diverso paradossale perché appartiene alla sua gente tradizionale. 

Ma Koistinen è un falso debole, in realtà è forte, fortissimo perché rifiuta le logiche di sopraffazione dei colleghi e dei clan esterni del luogo, non vuole integrarsi con i “balordi normali” che incontra in varie situazioni e che fanno gruppo. Non desidera appartenere a quel genere di persone violente. 

Ha una sua sensibilità, un’autonomia dignitosa che non danneggia gli altri. Crede nella bellezza femminile ma paga lo scotto dell’inesperienza d’amore. Koistinen incontra ed entra in relazione con la donna sbagliata e non a caso, il suo essere fuori gioco eccita chi lo osserva dall’esterno. Qualcuno è pronto ad approfittare della situazione di emarginato in cui si trova. A usarlo con l’arma femminile per incastrarlo con più facilità. 

Kaurismaki con questo film mette sotto accusa la società finlandese, la sua incapacità a comprendere e a intervenire in certe situazioni di disagio sociale, il suo non ammettere eccezioni nei comportamenti di gruppo legati al lavoro, e infine il non saper valorizzare attraverso le istituzioni le diversità positive, anche quelle individuali. Una società che risulta impregnata di vili e pigri amministratori, di uomini scialbi, dediti soprattutto alla difesa del proprio interesse: peccaminoso e corrotto. 

Una società che sembra composta da amministratori bruti, egoisti, invidiosi, anch'essi malati e vittime dei meccanismi irrazionali che fanno funzionare male, lungo un aggravamento esponenziale, una collettività sempre più presa in una deriva di morte irreversibile. 

Una società, essa sì debole di fronte al potere di chi detiene i soldi sporchi e macchiati di sangue. 

Un film che fa del disagio e del brutto presenti nella periferia un motivo di disincantamento dal mondo opulento ed egoista della borghesia occidentale. 

Kaurismaki ripropone il problema del contrasto tra la felicità vissuta da pochi e le difficoltà stravolgenti l’animo umano dei più, legandolo a quell’assente sguardo sul “prossimo” che ci sta accanto. 

Un “prossimo” ignorato dai più anche se simile è il colore della pelle dell’altro che ci sta a fianco. 

Un razzismo nel razzismo, visti come metafore di appartenenze paradossali a un mondo cinico ed esclusivo, spesso impersonale, in cui l’apparire diventa essenza, pedina fondamentale, decisiva per acquisire quel rispetto, onore, carriera di cui poi solo in una difficile partita a scacchi si potranno decidere le espulsioni, il ritorno nel ghetto della vita umile. 

Ma il cosiddetto debole, seppur sconfitto e umiliato è lì, desideroso di continuare a vivere. 

Koistinen è ancora amato da qualcuno, ma solo finché è in una condizione di disperazione. I ricchi e alcune donne schiave del proprio istinto materno lo desidereranno ancora cogliendo in lui il rappresentante simbolico, specchio che rimanda l’immagine paurosa o terrificante della sfortuna. 

Il film non dà soluzioni, ma la sobrietà del filo narrativo e il verismo che lo pervade suscitano emozioni di vero insuperabili che coinvolgono diverse altre sfere psichiche e filosofiche: richiamandoci ad esempio a quell’essere per qualcuno che ci caratterizza come umani. 

Un essere inutilmente rimosso dalle necessità quotidiane. Sempre pronto a destarsi là dove qualcuno pone una questione umana disinteressata. 

Impossibile non vedere in questa preziosa opera di Kaurismaki anche il pessimismo di un mondo che sembra abbia rinunciato per sempre a cambiare e che racchiude una vita di attese, vane, a volte individuali e spesso di gruppo, all’insegna del morire giorno per giorno, inventando situazioni che si proiettano in un infinito spaziale altro, al di là di ogni contatto con il male vero, quello che può distruggere un sogno per un semplice contatto umano con il misero. 

Le luci della sera
Regia: Aki Kaurismaki
Con: Janne Hyytiainen, Maria Heiskanen, Maria Jarvenhelmi, Ilkka Koivula, Aarre Karen, Tommi Korpela, Juhani Niemela, Mati Onnismaa
Finlandia, 2006
Durata: 138'

Fonte: Vertici

venerdì 10 agosto 2012

10 agosto




E tu, Cielo, dall'alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
oh! d'un pianto di stelle lo inondi
quest'atomo opaco del Male!

(Giovanni Pascoli)

giovedì 9 agosto 2012

ANIC RAVENNA – Dal Blog di Tonino



Vorrei richiamare l’attenzione di chi solitamente mi legge ai ricordi che di tanto in tanto Tonino ci regala.
Sono veri pezzi di Storia del nostro passato.
Scrive Tonino:

“L’Ufficio Collaudi, che nel primo anno era volto ad esaminare e smistare l’enorme mole di materiale arrivato, si tramutò, pian piano in entità di archivio delle schede del macchinario ed apparecchi installati, per impianto, per tipologie, per items, per ordini, in modo da costituire il centro di raccolta delle anagrafe di ciascun componente.

Questo Data Base doveva servire per identificare tutte le caratteristiche di ciascuna macchina o apparecchio, compresi manuali, certificati di garanzia, dati di collaudo, disegni e dati anche quando, per l’ambiente di lavoro corrosivo, fossero sparite le targhette applicate sulle stesse e di costituire un archivio tecnico per i ricambi e una futura manutenzione preventiva. Per avere un’idea della dimensione, i soli motori elettrici erano più di 10.000.

Furono fatti i disegni planimetrici con la loro dislocazione con la sagoma e la relativa siglatura, per ogni impianto, in ciascuna delle 28 “isole” per l’identificazione ed un elenco di ciascun gruppo di elementi uguali, per la determinazione dei ricambi da acquistare. 

Questa fase riorganizzativa coinvolse vari disegnatori ed addetti per molto tempo. Ancora una volta io mi trovai imbrigliato nelle “Scartoffie”, che, per quanto utili, non erano il massimo delle mie aspirazioni e rischiavo di impantanarmi sempre più nella burocrazia. 

Intanto nella Fabbrica si andavano completando parti accessorie di impianti, quali la preparazione di catalizzatori, i centri distaccati di manutenzione, i servizi logistici, la mensa, i parcheggi, i magazzini dei prodotti e dei ricambi, ed altri, mentre si completavano fognature, coibentazioni, la sottostazione elettrica e, in sostituzione di una piccola caldaia provvisoria stava sorgendo un’imponente centrale termoelettrica, di tre gruppi, con tre alti camini, per la produzione di vapore e di energia elettrica. 

Da questo punto il racconto proseguirà in modo più specifico sul mio ruolo personale, ovviamente, non potendo spaziare su tutto quanto veniva evolvendo, ma quanto descritto, penso ugualmente, può essere immaginato per ogni altra attività. Mi scuso pertanto per quanti mi leggono, ai quali nomi, impianti, attività, ecc. non possono avere grande rilievo.

Alla fine Gennaio del 1962 fu costituito l’Ufficio Tecnico. Con l’Ing. Di Mattia le cose per me cambiarono completamente. Dopo qualche riadattamento fra gli addetti dell’ex Ufficio Collaudi, fu costituita la base del nuovo ufficio con quattro elementi principali: Benini alle gomme (Polimerizzazione, Butadiene), Bombardini ai derivati acetilenici, (Acetilene, Acetaldeide),io ai derivati vinilici (Acetati e PVC) ed Allegri ai servizi (CTE, Frazionamento aria, Trattamento acque e Pipe Rack). Sarebbero seguiti in seguito, per gli Azotati, Cerioni (Concimi, Gesso e Cementificio) e Rolli (Acido e Nitrico e Nitrato A.). 

Nell’Aprile del ’62 fui inviato in Germania (Wacker Chemie a Burghausen in Baviera) con un gruppo capeggiato dall’Ing. Burrai, che sarebbe poi diventato Direttore di Stabilimento, con il Dr. Fronzoni che diventerà Capo dell’Enoxi ed il Dr. Aldrighetti che poi seguirà altre attività sempre nell’ambito dell’ENI.
Lo scopo era quello di acquisire tutte le informazioni tecniche per i costruendi impianti di Acido Acetico, Acetato di Vinile e Poliacetati, ossia Colle e Gomma da masticare. Le mie poche cognizioni di Tedesco, dalla scuola, ebbero finalmente una concreta applicazione. 
ANIC _Ravenna

Questo periodo mi fu molto fruttuoso, perché tali attività mi introdussero in modo concreto e dettagliato nel mondo dell’impiantistica della chimica, della progettazione, dei materiali, delle normative, della conduzione, della manutenzione e di tutti gli aspetti tecnici.

Al ritorno, Capo Ufficio Burrai, oltre a seguire lo sviluppo nella costruzione degli Acetati, dovetti seguire l’avanzamento anche degli impianti della Soc. Chimica Ravenna, (Acido Cloridrico, Cloruro di Vinile e Policloruro, ossia PVC), altro brevetto acquisito precedentemente dai tedeschi come per gli Acetati, diretto dall’Ing. Visioli il quale voleva o doveva rimanere a Milano ed aveva bisogno di un referente in campo.
Per tale funzione, per il completamento dell’Acido cloridrico, dei primi tre reattori del CVM e della linea A della polimerizzazione, mi mise a disposizione un telefono (Nr. 257), unico nell’Ufficio Tecnico, con lunghissime telefonate giornaliere ed anche questo mi portò un importante bagaglio tecnico nell’organizzazione delle attività, arrivi materiali, controlli, avanzamento lavori, delle disposizioni in campo e delle funzioni di coordinamento. 

Intanto la produzione di fertilizzanti e di gomma procedeva così come la loro commercializzazione, in Italia ed all’estero, fino all'estremo oriente ed in Cina, con lo scambio di prodotti, del tipo concimi contro maiali. Parallelamente la ricerca di Idrocarburi ed in particolare di metano si espandevano dall’Adriatico a tutt’Italia e l’ENI andava assumendo, in campo internazionale, un ruolo di protagonista affiancandosi pericolosamente al monopolio delle “Sette Sorelle” dell’oro nero nel mondo. 

Mattei seppe contornarsi dei maggiori esperti, non solo di tecnici impiantistici, ma di architetti, di esperti in ogni settore che lasciarono tracce evidenti, sempre guidati da principi che lo differenziarono da tutti gli altri imprenditori. I “Villaggi” per i dipendenti, le ferie gratuite a Borca di Cadore, dove edificò una magnifica chiesa ed il concetto che i dipendenti dovevano godere le ferie per tornare sereni al lavoro e non barattarle col denaro.

La diversificazione delle attività in campo nazionale contribuiva a regalare a fine anno ai dipendenti, favolosi “pacchi regalo” di prodotti delle consociate, dalle coperte di lana ai detersivi, dai prodotti per la casa ai dolciumi, insomma la ricerca appassionata del consenso e del benessere generale. Ma questa visione si spense tragicamente nelle campagne di Bescapè, il 27 Ottobre del 1962: l’aereo su cui viaggiava Mattei fu abbattuto.

Da qui  

Per chi fosse interessato, la parte prima dello scritto  da Tonino, si trova qui  http://ilblogditonino.blogspot.it/2012/05/al-termine-dei-miei-studi-con-il.html

martedì 7 agosto 2012

Vecchio post...


Oggi mi va di rimettere qui sul blog, un mio vecchio post datato 11 dicembre 2008 …

Una volta scrivevo molto più di animali e in particolare di cani: di quegli amici  che hanno condiviso con me anni di vita e di tutti gli altri che non ho conosciuto.

Il piccolo cane nero

Mi chiedo se Cristo avesse un piccolo cane nero tutto riccioluto e lanoso come il mio,
con due lunghe e seriche orecchie, un naso umido e rotondo e due teneri occhi marroni e scintillanti. 

Sono sicuro, se lo avesse avuto, che quel piccolo cane nero avrebbe saputo sin dal primo istante che egli era Dio; che non avrebbe avuto bisogno di alcuna prova della divinità del Cristo, ma che avrebbe semplicemente venerato il suolo su cui lui fosse passato.

Ho paura che non lo avesse, perché ho letto come egli pregasse nell'orto da solo poiché tutti i suoi amici erano scappati, persino Pietro, quello detto "una roccia". 

E, oh, sono sicuro che quel piccolo cane nero, con un cuore tanto tenero e caldo, non lo avrebbe lasciato soffrire da solo, ma spuntandogli da sotto il braccio, avrebbe leccato le care dita, strette nell'agonia. E, aspettandosi qualche coccola, ma incerto, quando egli fu portato via, gli avrebbe trottato dietro seguendolo fin sulla Croce.

Edward Bach (Le opere complete)


Un piccolo cane nero


Immagine dal web

lunedì 6 agosto 2012

Primo lunedì di agosto

aforismi



Il nostro errore più grave è quello di cercare di destare in ciascuno proprio quelle qualità che non possiede, trascurando di coltivare quelle che ha.
Marguerite Yourcenar

Ogni creatura umana ha la sua legge; se non la sappiamo distinguere chiniamo il capo invece di alzarlo nella superbia; è stolto crederci superiori perché una persona si muove percossa da leggi a noi ignote.
Mario Tobino

La libertà non sta nello scegliere tra bianco e nero, ma nel sottrarsi a questa scelta prescritta.
Theodor Adorno

domenica 5 agosto 2012

Una domenica a Coney Island



Coney Island di sera

L'orgia
dei neon
si è spenta;
dei suoni.
Subentra
la sera.
In una gloria
immodesta
rosso-arancione,
il sole
tramonta.

La quieta distesa
del mare
è di un grigio
pensoso,
che vicino alla riva
riflette
in un rosa
brillante
i raggi obliqui
del sole.
Ad ogni folata,
la brezza gelata
increspa
il rosa del mare
in un rapido
brivido
grigio.
Lontano,
un pontile
si protende
sul mare,
ricamo di pali
incrociati
con semplice
grazia.

Da: Emozioni Perdute di Mario Vassalle

venerdì 3 agosto 2012

I libri possono cambiarci la vita

Estrapolo da il quotidiano La Repubblica di ieri - 2 agosto -qualche frase di un'intervista fatta da Silvana Mazzocchi a Romano Montroni.


I libri possono cambiarci la vita Leggere è l'abitudine al piacere - Repubblica.it:



Leggere è un piacere, un dovere, un'abitudine. O cosa altro?


"Escludo subito la parola "dovere", direi che è un piacere strettamente collegato con l'abitudine. 


Per questo credo sia importantissimo avvicinare il prima possibile i bambini alla lettura, creando familiarità con il mondo dei libri e accompagnandoli nella sua scoperta. L'abitudine viene da sé, e il piacere si rinnova un libro dopo l'altro. 


Si legge per distrarsi, per informarsi, per imparare... Ma io credo che quando apriamo un libro è soprattutto di emozioni che siamo in cerca, e mentre "navighiamo" tra le pagine di un romanzo o di un saggio, acquisiamo gli strumenti per capire meglio noi stessi, gli altri e il mondo che ci circonda. 


Leggere è una forma di educazione sentimentale, civile e intellettuale. E il libro è, a mio avviso, lo strumento per rilanciare la nostra cultura: è un mondo alternativo al mondo, è quell'oggetto silenzioso che senza muoversi e senza far rumore può aprirsi e consegnarsi a noi solo se siamo capaci di interrompere temporaneamente la comunicazione con l'esterno creando così quel vuoto di mondo reale di cui necessita, per "accadere", un mondo possibile".


Consigli per una mini biblioteca imperdibile...


"Formarsi una biblioteca vuol dire darsi una struttura di orientamento per comprendere meglio la vita, vuol dire armarsi degli strumenti giusti per affrontarla. Ecco perché partirei dalla base di classici della letteratura e del pensiero: tra i primi, per me non possono mancare le opere di Dostoevskij, Calvino, Primo Levi. E poi mi piace segnalare un "piccolo" classico che amo molto: Stefan Zweig


Tra i secondi, invito a scoprire la modernità di Machiavelli, il rigore di Norberto Bobbio, la limpidezza del cardinal Martini. 


Ma poi ognuno deve lasciarsi guidare dalla propria sensibilità, dal proprio gusto, dai propri interessi, in un meraviglioso gioco senza fine: perché una delle magie dei libri è appunto questa, rinviano infinitamente ad altri libri. Di sicuro, però, oltre a esplorare le librerie e ad ascoltare i consigli degli altri lettori (il famoso passaparola!), suggerisco di sfogliare i cataloghi degli editori che hanno contribuito a formare la cultura italiana: Einaudi, Laterza, Feltrinelli, Garzanti e Adelphi. E naturalmente, di sfogliare I libri ti cambiano la vita!"




Essere un libraio oggi, che vuol dire?
"Il mestiere del libraio, con buona pace di chi ci vorrebbe ormai dinosauri in via di estinzione, non invecchia. E mi permetto di dire che, se lavorano con competenza, passione ed entusiasmo, i librai hanno un ruolo importante nella nostra società. Per svolgerlo al meglio, però, devono esserne consapevoli. Ecco perché, ogni volta che ne ho occasione, ribadisco la necessità di una formazione adeguata: abbiamo bisogno di librai, non di semplici venditori di libri! Quello che davvero è cambiato, rispetto al passato, è la necessità di aggiornarsi rispetto alle evoluzioni tecnologiche e accettare che il libro coabiti all'interno della libreria con altri prodotti. Sempre, naturalmente, all'insegna della qualità. 
A mio avviso, il prodotto che meglio degli altri si abbina al libro è il cibo, meglio se locale: una proposta congiunta di cibo per il corpo e cibo per la mente!"




I libri ti cambiano la vita
a cura di Romano Montroni
Longanesi
Pagg 344


Da qui

Il neretto è mio e l'immagine è presa in rete





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