domenica 12 agosto 2012

Società, individuo, emarginazione



Un tempo amavo leggere una rubrica di recensioni di film su Vertici.com, quando venivano scritte da Biagio Giordano.

Purtroppo non credo che Vertici esista ancora e di Biagio Giordano non ho più notizie.

Ho tuttavia conservato alcune sue recensioni.

Tra le tante, questa riferita a un film finlandese del 2006:


Le luci della sera


Uno dei migliori film di Kaurismaki. 
Il film è ambientato in una città industriale della Finlandia e ha per oggetto una storia di emarginazione
Koistinen è un guardiano notturno taciturno e sensibile. Fa il suo lavoro onestamente e cerca dei rapporti con le donne di tipo paritario, rifiutandosi di recitare ruoli virili che non sente o scene autoritarie che coprono le sue presunte debolezze.

Le donne non capiscono il suo comportamento e tendono a usare le sue apparenti fragilità in una direzione più speculativa che vada a proprio vantaggio. 

Le difficoltà di relazione con le donne di Koistinen sono sovente oggetto, da parte dei colleghi, di derisione e scherno volgare. La sua mancanza di autorità - degnamente sostituita da una disponibilità a discutere pacatamente i problemi che insorgono sul lavoro - viene scambiata da tutti per debolezza vile. 


Scena dal film

Koistinen in molte situazioni quotidiane viene anche maltrattato. E’ uno “straniero bianco”, scomodo e imbarazzante, un diverso paradossale perché appartiene alla sua gente tradizionale. 

Ma Koistinen è un falso debole, in realtà è forte, fortissimo perché rifiuta le logiche di sopraffazione dei colleghi e dei clan esterni del luogo, non vuole integrarsi con i “balordi normali” che incontra in varie situazioni e che fanno gruppo. Non desidera appartenere a quel genere di persone violente. 

Ha una sua sensibilità, un’autonomia dignitosa che non danneggia gli altri. Crede nella bellezza femminile ma paga lo scotto dell’inesperienza d’amore. Koistinen incontra ed entra in relazione con la donna sbagliata e non a caso, il suo essere fuori gioco eccita chi lo osserva dall’esterno. Qualcuno è pronto ad approfittare della situazione di emarginato in cui si trova. A usarlo con l’arma femminile per incastrarlo con più facilità. 

Kaurismaki con questo film mette sotto accusa la società finlandese, la sua incapacità a comprendere e a intervenire in certe situazioni di disagio sociale, il suo non ammettere eccezioni nei comportamenti di gruppo legati al lavoro, e infine il non saper valorizzare attraverso le istituzioni le diversità positive, anche quelle individuali. Una società che risulta impregnata di vili e pigri amministratori, di uomini scialbi, dediti soprattutto alla difesa del proprio interesse: peccaminoso e corrotto. 

Una società che sembra composta da amministratori bruti, egoisti, invidiosi, anch'essi malati e vittime dei meccanismi irrazionali che fanno funzionare male, lungo un aggravamento esponenziale, una collettività sempre più presa in una deriva di morte irreversibile. 

Una società, essa sì debole di fronte al potere di chi detiene i soldi sporchi e macchiati di sangue. 

Un film che fa del disagio e del brutto presenti nella periferia un motivo di disincantamento dal mondo opulento ed egoista della borghesia occidentale. 

Kaurismaki ripropone il problema del contrasto tra la felicità vissuta da pochi e le difficoltà stravolgenti l’animo umano dei più, legandolo a quell’assente sguardo sul “prossimo” che ci sta accanto. 

Un “prossimo” ignorato dai più anche se simile è il colore della pelle dell’altro che ci sta a fianco. 

Un razzismo nel razzismo, visti come metafore di appartenenze paradossali a un mondo cinico ed esclusivo, spesso impersonale, in cui l’apparire diventa essenza, pedina fondamentale, decisiva per acquisire quel rispetto, onore, carriera di cui poi solo in una difficile partita a scacchi si potranno decidere le espulsioni, il ritorno nel ghetto della vita umile. 

Ma il cosiddetto debole, seppur sconfitto e umiliato è lì, desideroso di continuare a vivere. 

Koistinen è ancora amato da qualcuno, ma solo finché è in una condizione di disperazione. I ricchi e alcune donne schiave del proprio istinto materno lo desidereranno ancora cogliendo in lui il rappresentante simbolico, specchio che rimanda l’immagine paurosa o terrificante della sfortuna. 

Il film non dà soluzioni, ma la sobrietà del filo narrativo e il verismo che lo pervade suscitano emozioni di vero insuperabili che coinvolgono diverse altre sfere psichiche e filosofiche: richiamandoci ad esempio a quell’essere per qualcuno che ci caratterizza come umani. 

Un essere inutilmente rimosso dalle necessità quotidiane. Sempre pronto a destarsi là dove qualcuno pone una questione umana disinteressata. 

Impossibile non vedere in questa preziosa opera di Kaurismaki anche il pessimismo di un mondo che sembra abbia rinunciato per sempre a cambiare e che racchiude una vita di attese, vane, a volte individuali e spesso di gruppo, all’insegna del morire giorno per giorno, inventando situazioni che si proiettano in un infinito spaziale altro, al di là di ogni contatto con il male vero, quello che può distruggere un sogno per un semplice contatto umano con il misero. 

Le luci della sera
Regia: Aki Kaurismaki
Con: Janne Hyytiainen, Maria Heiskanen, Maria Jarvenhelmi, Ilkka Koivula, Aarre Karen, Tommi Korpela, Juhani Niemela, Mati Onnismaa
Finlandia, 2006
Durata: 138'

Fonte: Vertici

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