lunedì 29 giugno 2009

Devo paragonarti a una giornata estiva?

Devo paragonarti ad una giornata estiva?
Tu sei più incantevole e mite.
Impetuosi venti scuotono le tenere gemme di maggio.
e il corso dell'estate è fin troppo breve.
Talvolta troppo caldo splende l'occhio del cielo
e spesso il suo aureo volto è offuscato,
e ogni bellezza col tempo perde il suo fulgore,
sciupata dal caso o dal corso mutevole della natura.
Ma la tua eterna estate non sfiorirà,
né perderai possesso della tua bellezza;
né morte si vanterà di coprirti con la sua ombra,
poiché tu cresci nel tempo in versi eterni.
Finché uomini respirano e occhi vedono,
vivranno questi miei versi, e daranno vita a te.

(Sonetto 18 - William Shakespeare)

mercoledì 24 giugno 2009

Nonostante il cappello



Da ieri mi ritrovo, semi-influenzata.
Qua è tornato freddo, il cappello non ha funzionato e per alcuni giorni non credo che verrò sul blog.
Quindi a tutti: A ri-leggerci!

lunedì 22 giugno 2009

Immaginare e ...


Per la maggior parte della gente, immaginazione equivale a irrealtà.
Eppure l'immaginazione è il potere della mente di creare immagini e operare con esse.

E' questa abilità che ci apre ad altri regni, ci aiuta a scoprire conoscenze perdute, spalancandoci visioni più alte.

C'è stato un tempo in cui l'umanità si riconosceva parte della natura e viceversa.

Sogno e veglia erano inseparabili: il naturale e il soprannaturale si fondevano e si mescolavano fra loro. La gente usava immagini della Natura per esprimere questa unità e per comunicare.

In passato sciamani, sacerdoti o sacerdotesse erano i custodi della sacra conoscenza di vita.

Ed erano legati ai ritmi delle forze della natura, capaci di camminare sul filo che lega il mondo visibile e quello invisibile.

Aiutavano la gente a ricordare che tutti gli alberi sono divini e che gli animali parlano a chi vuole ascoltarli.

Addirittura i primi sacerdoti - nella cultura sciamanica - adottavano l'aspetto esteriore degli animali, indossandone la pelle e coprendosi con maschere per simboleggiare il risveglio e l'assunzione di energie specifiche.

Eseguivano rituali in accordo con i ritmi naturali delle stagioni per risvegliare la vita e una maggiore fertilità: ogni specie ed ogni aspetto dell'ambiente aveva il potere di ricordare loro ciò che potevano manifestare nella propria vita.

La Natura si faceva ponte per arrivare al soprannaturale.

Apparentemente, tutto questo sembra sciocco alle nostre menti razionali: questa nostra società "moderna" si assopisce lentamente, ma sempre più inesorabilmente davanti ad un televisore, ha bisogno di rumori perché non riesce più a sopportare il silenzio: deve comprare, consumare ... alla ricerca di qualcosa che c'è già.

Un qualcosa che non griffato, ma è unico: alba, tramonto, pioggia, sole, neve, notte ci arrivano come un grande dono e non dobbiamo usare il telecomando. Ma è forse questo il punto?

Stiamo distruggendo un pianeta, il nostro - con la nostra fretta, la nostra disattenzione, intenti a cadere nelle trappole di quello che crediamo "informazione" e che tale proprio non è.

E' solo una trappola, così come l'angoscia che proviamo tutti davanti al terrorismo informatico.

Osservare il mondo anche da altre angolazioni, quelle delle fantasia, quello che ci offre la natura, un piccolo fiore, un sasso, una cincia con i suoi colori ... fa bene a noi ed ai nostri figli.

domenica 21 giugno 2009

Diana, il Potere della Luna




La Luna prende dunque il posto del sole e il suo culmine è proprio nel solstizio d'estate, sotto il segno del Cancro, domicilio lunare, in cui il Sole inizia a perdere potenza, perché il giorno d'ora in poi sarà sempre più corto e la notte più lunga.

Ma, nel giorno di San Giovanni, alle Acque si associano i Fuochi. Perché il dominio della Luna non è definitivo.
In certe immagine antiche, si vede Latona con i suoi due figli, Diana-Artemide e Apollo, la Luna e il Sole.

Diana e Apollo, appena nati, daranno origine rispettivamente all'Albero dei Fiori d'Argento e all'Albero dei Fiori d'Oro.

Narra il mito che Latona, sul punto di partorire, non trovasse alcuna terra disposta ad ospitarla, in quanto Era, gelosa (Zeus era infatti il padre di Apollo e Diana) proibì ad ogni terra si ospitarla. Alla fine fu Delo che la accolse (a quei tempi Delo era ancora un'isola errante).
In segno di ricompensa, l'isola fu fissata con quattro pilastri al fondo del mare.



Sul monte che sovrasta la miniera
Finalmente è sbocciato il Fiore d'Oro;
Sovrana ora tu sei della tua fiera
E la Luna compensa il tuo lavoro.

(Zoroaster, 1236)

venerdì 19 giugno 2009

Il Fiore magico



Prosegue dal post precedente.

Chi ha la fortuna di assistere a questa fioritura miracolosa, narra ancora la leggenda, può vedere la foresta illuminata a giorno, anche nelle parti più nascoste. (Il che equivale a far luce sulle proprie parti nascoste, inconsce) e può inoltre conoscere cosa stia succedendo e cosa succederà in ogni parte del mondo, cioé - come per il Fiore d'Oro del Tao, si spezzano i confini spazio-temporali (I Solstizi erano infatti "porte" per il mondo degli immortali).

Altre tradizioni collegano questo Fiore miracoloso o i suoi semi a "doni" più materiali, come tesori nascosti, oro, fortuna ...

In ogni leggenda, in ogni tradizione è sepolto un granello di profonda saggezza, un simbolismo che parla in modo diverso alle persone, ma che mantiene intatta ed aumenta la potenza dell'evento.

Il Giorno di Mezza Estate è una delle Feste con più larga diffusione e di antichissima tradizione che è giunta fino a noi.

Numerose sono le usanze, legate sia alla rugiada che ai fuochi, ma anche alla magia del giorno che permette facili divinazioni, o ancora alle leggende delle streghe che, nella vigilia di San Giovanni, volerebbero al raduno annuale sotto il Grande Noce.

Altri piccoli rituali vedono tuttora impiegate le erbe solstiziali, tra cui in primo luogo l'iperico (Erba di San Giovanni, Ipericum perforatum) che colto in questa notte assumeva proprietà apotropaiche, meritandosi il nome di "schiacciadiavoli".

A Pamplona (Spagna) fin dal 1500 si usa raccogliere erbe aromatiche da bruciare nei quadrivi per scongiurare le folgori, i tuoni e le tempeste.

In Irlanda sopravvive la tradizione celtica di far passare il bestiame tra grossi fuochi e si gettano le ceneri di questi fuochi nei campi per un abbondante raccolto.

La Festa del Solstizio d'Estate è nota anche fra i Berberi dell'Africa settentrionale che, nella loro Festa del 24 giygno - detta 'ansara', accendono fuochi con densi fumi per propiziare il raccolto dei campi e in cui fanno passare anche i malati per guarirli e gli oggetti più cari per preservarli.

Molto ricca di significati simbolici è un'usanza della zona di Kunz (Germania) in cui una ruota di paglia infuocata costruita su un colle con il contributo di tutta la popolazione, viene fatta rotolare fino a valle, con l'intento di spegnerla nelle acque della Mosella. Se la ruota riesce a giungere nelle acque ancora ardente, si traggono positivi presagi, sfavorevoli se l'impresa fallisce.

Le usanze e i piccoli rituali sono innumerevoli, così come innumerevoli sono le erbe associate a questa Notte, tra cui i chiodi di garofano, le spighette di lavanda, la verbena, l'artemisia, il lauro, il rosmarino, il ginepro, l'agnosto, ciascuna con le proprie virtù, diverse a seconda delle tradizioni locali, fino alla 'noce', ancora verde, che - colta in questa notte darebbe un nocino dalle virtù taumaturgiche.

giovedì 18 giugno 2009

Solstizio d'estate

Fin dai tempi più antichi i solstizi erano considerati "porte" per accedere al mondo divino; su di esse vegliava Giano, il dio Bifronte, che aveva vicino al Foro Romano un tempio e una fonte gelida che, si narra, divenne infuocata per impedire ai Sabini di entrare in Roma (Ovidio, Metamorfosi).

Acque e Fuochi rigeneratori e purificatori, erbe dalle magiche virtù, riti, usanze, tradizioni millenarie si accompagnano al giorno del solstizio d'estate.

E' la Festa di Mezz'Estate, uno dei giorni più esoterici dell'Anno. Di essa si ha traccia in ogni popolo e in ogni cultura.

Seconda solo ad Hallowen come notorietà popolare, ne hanno parlato poeti e scrittori (Si pensi al "Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare); in ogni calendario una Festività importante è sempre ricorsa il 24 giugno, affinché il simbolismo del Solstizio d'Estate fosse tramandato e celebrato.

Il 24 giugno è il giorno dedicato a Giovanni Battista: acque, rugiada miracolosa e falò sono l'aspetto esterno di questo altissimo evento esoterico.

Dal punto di vista astrologico, la situazione è opposta rispetto al Solstizio d'Inverno: siamo al passaggio tra il domicilio della Luna (Cancro) e quella del Sole (Leone).

I Filosofi mostravano questo evento con due Alberi, uno dai preziosi Frutti d'Argento e uno ancora più prezioso dai Frutti d'Oro.

Siamo entrati cioè in quel giardino sorvegliato, vincendo il Serpente che sbarrava la strada, abbiamo ben coltivato il nostro spirito ed ora siamo in procinto di cogliere i Frutti più preziosi che uomo possa mai immaginare.

Questo simbolismo descrive un processo interiore, una maturazione che avviene dentro di noi.

La tradizione vuole che il Fiore, detto di San Giovanni, sia un fiore candido e luminoso, capace di diffondere una" luce intensa" che avvolge tutto ciò che lo circonda e che dona poteri occulti e grandi conoscenze a colui che ha la buona sorte di vederlo sbocciare.

Per vedere il Fiore, secondo la leggenda, il novizio deve recarsi in un bosco prima della mezzanotte, sedersi presso una felce, tracciare un cerchio attorno a sé ed alla felce e quindi mettersi in paziente attesa, senza distrarsi e senza prestare ascolto a chi vuole distoglierlo dal proprio intento.

Il Fiore sboccia all'improvviso e il suo splendore dura un solo istante e bisogna essere pronti o l'occasione è persa fino al prossimo anno.

Ovviamente si tratta di un'allegoria, la Felce non fa fiori (appartiene alle crittogame e si riproduce per spore), ma la Felce è una pianta primitiva che sta ad indicare come la conoscenza vada cercata risalendo alle radici del tempo.

Il Fiore, già di per sé simbolo della fugacità delle cose, è descritto ancora più evanescente, basta un attimo di distrazione, per non cogliere il momento "magico".

Continua....

mercoledì 17 giugno 2009

Giuseppe Fanciulli

Giuseppe Fanciulli (1881 - 1951) fu non solo un poeta ed un pedagogista, ma anche autore di libri per ragazzi.

Ne ho scoperto uno che è - per me - molto dolce e poetico, si intitola Lisa-Betta.

Propongo qui alcune frasi che mi hanno colpito in particolare:

"Tutto il cielo è popolato di stelle. Sono le stelle piccolissime e immense. Sono punti di un ricamo luminoso che scintillano su un velluto cupo, che tramano su un velo diafano, che impallidiscono su una seta cilestrina. Sono lucciole erranti per prati infinitamente vasti, con un palpito continuo, mai stanco. " (Incipit)

Scrivendo del vento:

"Arrivò di colpo dietro la siepe e la passò con un salto: nessuno l'aveva mai visto venire, nessuno lo vedeva, ed era da per tutto. Era più basso sull'erba, che si piegava e si alzava in strisce di un verde pallido quasi cinerino; più giù ancora nella conca bruna dello stagno, che si apriva e si allargava. Era in alto, lungo i lini bianchi, appena lavati e messi sulla fune; più in alto ancora, tra i ciuffi degli alberi, tremanti in ogni foglia." (pag. 18)


"Gli abeti nel dolce tepore trasudano resina; e si diffonde la fragranza di quel respiro, lontano: sola di nuovo canta la fonte, nell'infinita pace meridiana." (pag. 37)


"Il fiume guarda lontano, e già vede la fine del lungo viaggio; una striscia azzurra chiude la via, la rompe per sempre: il mare, il mare! (pag. 47)

(Giuseppe Fanciulli "Lisa-Betta" S.E.I. Torino)

Questo romanzo per ragazzi ottenne il Premio Viareggio 1932 (grande mefaglia d'oro del Ministero dell'educazione nazionale), S.E.I., Torino, 1932.

Una poesia di Giuseppe Fanciulli è Il giardino del bosco

domenica 14 giugno 2009

Il viandante

Un uomo, il suo cavallo e il suo cane camminavano lungo una strada. Mentre passavano vicino ad un albero gigantesco, un fulmine li colpì, uccidendoli all'istante.

Ma il viandante non si accorse di aver lasciato questo mondo e continuò a camminare, accompagnato dai suoi animali.
A volte i morti impiegano qualche tempo per rendersi conto della loro nuova condizione.
Il cammino era molto lungo; dovevano salire una collina, il sole picchiava forte ed erano sudati ed assetati.

Ad una curva della strada, videro un portone magnifico, di marmo, che conduceva ad una piazza pavimentata con blocchi d'oro, al centro della quale sgorgava dell'acqua cristallina.

Il viandante si rivolse all'uomo che sorvegliava l'entrata.

"Che luogo è mai questo, tanto bello?"

"E' il cielo" rispose il guardiano.

"Che bello essere arrivati in cielo, abbiamo tanta sete" disse il viandante.

"Puoi entrare e bere a volontà" Il guardiano indicò la fontana.

"Anche il mio cavallo e il mio cane hanno sete".

"Mi dispiace molto, disse il guardiano, ma qui non è permessa l'entrata agli animali".

L'uomo fu molto deluso, la sua sete era grande, ma non avrebbe mai bevuto da solo. Ringraziò il guardiano e proseguì.

Dopo aver camminato a lungo, il viandante e gli animali giunsero in un luogo il cui ingresso era costituito da una vecchia porta che si apriva su un sentiero di terra battuta, fiancheggiato da alberi. All'ombra di uno di essi era sdraiato un uomo che portava un cappello; probabilmente era addormentato.

"Buon giorno" disse il viandante.

L'uomo fece un cenno con il capo.

"Io, il mio cavallo e il mio cane, abbiamo molta sete".

"C'è una fonte fra quei massi" disse l'uomo e, indicando il luogo, aggiunse: "potete bere a volontà".

L'uomo, il cavallo e il cane si avvicinarono alla fonte e si dissetarono. Il viandante andò a ringraziare.

"Tornate quando volete" rispose l'uomo.

"A proposito, come si chiama questo posto?"

"Cielo".

"Cielo? Ma il guardiano del portone di marmo ha detto che il cielo era quello la!".

"Quello non è il cielo, è l'inferno".

Il viandante rimase perplesso. "Dovreste proibire loro di utilizzare il vostro nome! Di certo questa falsa informazione causa grandi confusioni!"

"Assolutamente no. In realtà ci fanno un grande favore. Perché là si fermano tutti quelli che non esitano ad abbandonare i loro migliori amici ... "


(Da Fiori gialli)

venerdì 12 giugno 2009

Lieder eines fahrenden


Lungo la strada, un tiglio
si leva:
là finalmente riposai.

Sotto il tiglio,
che fiori come neve
su me
versava, io dimenticai
come la vita fa male, e tutto fu
di nuovo
bello!

Tutto!
L'amore e la pena
e il mondo e il sogno!

(Gesellen 1884 - Gustav Mahler)

martedì 9 giugno 2009

Il cuculo in giugno


Il cuculo in questi giorni di giugno sta cominciando a cambiare il suo canto.
Tra poco sarà "cuc-cucù" invece di "cucù".

C'è un'antica superstizione riguardo al canto del cuculo che mi ha sempre fatto un po' sorridere:
se, quando senti il cuculo ti metti a correre contando i suoi richiami e continui a correre finché non lo odi più, aggiungerai tanti anni alla tua vita quanti richiami del cuculo avrai contato.

In ogni lingua europea, questo uccello trae il suo nome dal suono che emette.

Il suo richiamo è il canto del maschio nella stagione primaverile degli amori.
Il cuculo non costruisce nidi. In Europa depone le sue uova nei nidi altrui, scegliendone uno con uova molto simili alle sue per colore.

E' uno dei pochi uccelli in grado di toccare anche i bruchi forniti di peli ispidi, dal momento che non viene infastidito dai rivestimenti esterni.

Il cuculo è un uccello calmo, pacato, con un becco graziosamente curvo e una disposizione molto particolare della dita delle zampe: due davanti e due dietro, per assicurarsi equilibrio e stabilità.

Questo uccello è stato a lungo simbolo di un nuovo destino e un nuovo stato nella vita degli esseri umani. La maggior parte delle antiche credenze ruotano intorno al suo canto e al momento in cui viene udito.

Molte persone credono ancora che, esprimendo un desiderio quando si sente il cuculo cantare, esso verrà esaudito. Qualsiasi cosa stiate facendo quando udite il suo verso, fatelo spesso per tutto l'anno: porterà fortuna.

Per i single, il numero dei richiami indicava spesso il numero di anni in cui la persona sarebbe rimasta senza innamorarsi, o che avrebbe dovuto attendere per sposarsi.

In Svezia, la direzione dalla quale il canto si udiva, rifletteva specificatamente il genere di destino a cui si andava incontro. Se proveniva da Nord, indicava dolore, da Est consolazione, da sud la fine di qualcosa, da ovest buona fortuna.

Sembra che anora oggi, in Europa, siano in molti a ritenere che dal suo richiamo si possano far previsioni molto accurate sulla pioggia. Un tempo veniva perfino chiamato "il corvo della pioggia".

sabato 6 giugno 2009

Citazione di Bob Marley


Se esprimi un desiderio, è perché vedi cadere una stella;

se vedi cadere una stella è perché stai guardando il cielo.

Se stai guardando il cielo è perché credi ancora in qualcosa.


(Bob Marley)

venerdì 5 giugno 2009

Petitions and signatures collecting. Here you can create or sign a petition

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Pergolati


Scriveva Shakespeare in "Molto rumore per nulla":

"Nel pergolato
dove i caprifogli dal sol nutriti fanno sì
che il sole non entri dentro..."

Ecco, pergolati, giardini, odori ... Sto trascorrendo le mattine di questi giorni, andando in giro in bicicletta. Cerco le strade meno affollate e qui, fortunatamente, ce ne sono. Se un giardino mi piace particolarmente, poso la bicicletta e mi fermo ad ammirare.
Non incontro quasi nessuno, ma sento gli odori penetranti dei gelsomini e dei tigli, oltre al canto degli uccelli.
Stamattina mi sono fermata davanti ad uno stagno piuttosto grande, circondato da cespugli di melograno. Mi ci sono fermata a lungo, perché in quella zona andavo l'anno scorso con la Kitty.

Ho ricordato la sua felicità, quando, in un attimo di mio disorientamento, la Kitty, alzando gli occhi verso di me, mi fece capire, che avrebbe "guidato" lei. E così fece in maniera eccelsa.

Quanti giardini ben tenuti vedo! Pieni di fiori, curatissimi nei particolari, sembrano sogni.
Oggi per l'appunto ho notato un pergolato di caprifogli, mentre la siepe intorno era di oleandri.

Quindi mi scuso con gli amici blogger per queste assenze.
Ma ... l'estate è incantata!

martedì 2 giugno 2009

Il totalitarismo e Hannah Arendt

Hannah Arendt nasce nel 1906 da una famiglia ebraica tedesca molto benestante e non praticante.
Anche se non riceve una educazione religiosa tradizionale, non negherà mai la propria identità ebraica, professando - in modo niente affatto convenzionale - la propria fede in Dio.

E' forse proprio grazie a questa fede che la Arendt si dedica per tutta la vita allo sforzo di comprendere il destino del popolo ebraico, identificandosi con le sue vicissitudini.

Fondamentali per le sue esperienze accademiche sono le città di Friburgo, Marburgo e Heidelberg, presso le cui sedi universitarie conosce Heiddeger e Jaspers. Jaspers le trasmette un amore profondo per la libertà, mentre grazie ad Heidegger si sviluppa in lei una sconfinata ammirazione per gli antichi Greci e per il loro sforzo di convivere con gli aspetti tragici della vita.

Sia che si tratti di passioni umane come il peccato, la rabbia o di sentimenti, di istituzioni o ordinamenti politici, Hannah Arendt si presenta con una indagine originale.

Nell'ambito del XX secolo, nessun altro teorico della politica riesce, come lei, ad unire una comprensione così profonda del male che può scaturire dall'attività politica, alla convinzione, altrettanto ferma e profonda, che la vita dedicata alla politica, qualora questa assuma la sua forma migliore, sia una delle più alte conquiste umane.

All'inizio degli anni sessanta del Novecento, la Arendt è decisamente già famosa per il suo discusso saggio sul totalitarismo, anche se il suo nome è legato all'inchiesta sul processo ad Eichmann, in cui l'autrice affronta alcuni aspetti controversi della storiografia sullo sterminio del popolo ebraico.

La Arendt presenta l'imputato del processo di Gerusalemme, il criminale di guerra Eichmann, nei panni di un ometto insignigicante, una sorta di piccolo burocrate della macchina nazista.

In realtà, l'autrice solleva la questione dell'interpretazione storica e politica del nazismo.

In effetti, se gli ingranaggi dell'apparato di sterminio non erano costituiti da membri degeneri del ceto degli Junker, oppure da semplici avventurieri, bensì da uomini della strada, da tipici rappresentanti della società di massa, l'interpretazione storica del nazismo diventa più "sociale" e "culturale", oltre che inquietante.

Non ci si può basare sulla follia di Hitler per comprendere il fenomeno del nazismo, o sostenere una generica e quanto mai indimostrabile inclinazione al delitto del popolo tedesco.

Hannah Arendt elabora una teoria, peraltro già presenta sull'opera del totalitarismo, secondo la quale, forme estreme e distruttive di dittatura, come il nazismo, sono in effetti in stretta relazione con la natura della società di massa e che, quindi, possono risorgere.

D'altra parte, nell'opera sul totalitarismo, la Arendt stabilisce una sorta di continuità culturale tra nazismo e stalinismo, specialmente riferendosi alle tecniche e alle pratiche del terrore, alla segretezza degli apparati e all'invasione della sfera privata.

La pluralità è il presupposto dell'azione umana, proprio perché noi siamo tutti uguali, ma in un modo tale che nessuno di noi sia mai identico ad alcun altro che visse, vive o vivrà.

Esercitare il potere significa "agire di concerto", cioé agire secondo decisioni condivise e non secondo la logica della solitudine.

L'attività lavorativa assicura tanto la sopravvivenza individuale quanto la vita della specie. L'operare e il suo prodotto, ossia l'arteficio umano, conferiscono permanenza e continuità alla limitatezza della vita mortale e alla labilità del tempo umano.

L'agire consente la realizzazione dell'identità umana, il rivelarsi di colui che agisce, l'apparire agli altri, il manifestarsi nella propria identità e differenza, anche all'interno di un elemento angosciante per l'umanità intera: l'imponderabilità.

Secondo la Arendt, l'agire umano è caratterizzato dal reciproco gioco della "parola", inteso come possibilità che i diversi esseri umani possano esprimersi sugli interessi comuni in uno spazio comune.

(Estrapolato da: "Trasmissione culturale ed educazione nella prospettiva di Hannah Arendt" Bertirotti A. - Psicolab, Firenze)

lunedì 1 giugno 2009

Giugno


E mentre pioviggina, con la temperatura in calo, comincia un nuovo mese: Giugno.

Nell'antico calendario romano, Giugno era il quarto mese.

Ovidio afferma che a questo mese è stato dato il nome in onore di Giunone, altri collegano il nome con il consolato di Giunio Bruto.

Probabilmente c'è anche il riferimento all'agricoltura, in origine cioé indicava il mese in cui crescono e maturano le messi.

Gli Anglosassoni lo chiamavano "Il mese asciutto", ma anche "Il mese di mezza estate", per contraddistinguerlo con Luglio, il "Primo mese caldo".

In Giugno cade il Solstizio d'estate.

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