venerdì 28 novembre 2008


Nel 1867 Ibsen pubblica Peer Gynt, dramma in cinque atti.

E' una fantasia su temi popolari norvegesi, da cui Ibsen sperava il riconoscimento come poeta nazionale.

Peer Gynt è un giovanotto spaccone che passa da una avventura all'altra.

Non si cura delle virtù quotidiane e dei semplici doni della vita, segue solo l'imperativo "Sii te stesso"

Ma questa aspirazione lo porta a vivere in un mondo dove fantasia e realtà finiscono per confondersi: Peer per molti anni sembra solo illudere sé stesso e gli altri.

Solo la madre Aase, figura dominante della sua vita, riesce a seguirlo nel suo mondo fantasioso.

Gli episodi principali del dramma tracciano un quadro simbolico dell'esistenza di Peer:


Peer che, adulto, gioca con la madre come un bambino; Peer che rapisce Ingrid alla vigilia delle nozze e l'abbandona subito; Peer che fugge dal villaggio natìo e si imbatte nella figlia del Vecchio di Dovre, il re dei troll (o trold) cioè gli spiriti delle foreste.

La principessa vuole sposare Peer e lo porta nel mondo dei troll dove Peer, allettato dal potere dagli onori e dalle ricchezze, sta per accettare di diventare un troll.

Ma ci ripensa e riesce a fuggire. La madre muore tra le sue braccia, e Peer inizia a vagabondare per tutta la terra, rifiutando anche l'amore sincero che gli offre la dolce Solvejg.

I suoi viaggi lo portano nei paesi più lontani, affronta le più diverse esperienze, incontra personaggi misteriosi e dal significato simbolico, come «il fonditore di bottoni» (cioè il moralista che lo condanna).

Alla fine Peer ritorna in patria, giunto all'ultima parte della sua vita.

Il Vecchio di Dovre gli dice che ha vissuto da troll, non da essere umano.

Peer ha un rifugio: Solvejg ormai vecchia, lo ama ancora e lo ha sempre atteso, fedele. Accanto a lei, che lo culla teneramente e gli canta una dolcissima nenia, Peer muore sereno.

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