Passo dopo passo  Camminare
Dalla questione ambientale alla cronicizzazione e all'aumento delle  malattie... la soluzione a problemi complessi è spesso semplice. 
Camminare "oltre che un aiuto alle diverse forme di vita del pianeta di  fronte alla drammatica situazione attuale è probabilmente anche la più  grande medicina per il corpo, per la mente e per lo spirito". 
Camminare è un'attività fisica, ma anche un'esperienza profondamente emozionale 
- Mi può indicare il cammino da prendere per uscire da qui? 
- Questo dipende in gran parte dal luogo dove vuole andare - rispose il Gatto. 
- Non mi preoccupa granché il luogo... - disse Alice. 
- In tal caso poco importa il cammino. - dichiarò il Gatto. 
- ... Basta arrivare da qualche parte. - aggiunse Alice per spiegare. 
- Oh! - disse il Gatto. - Puoi essere certa di arrivare se cammini per un tempo sufficientemente lungo.
Lewis Carroll, da Alice nel paese delle meraviglie
 Due tra i più grandi problemi che l'umanità  si trova ad affrontare oggi sono il cambiamento climatico, con  conseguente perdita drammatica della biodiversità, e il crollo  sistematico, a partire dalle società occidentali ma in rapida espansione  in ogni tipo di comunità, della forza e capacità di difesa del sistema  immunitario dell'organismo stesso con conseguente cronicizzazione e  aumento di varie patologie come diabete, obesità, malattie  cardiovascolari, cancro, artrite reumatoide ecc.
 Una delle cause tra le più determinanti di questa situazione va sicuramente rintracciata nel comportamento umano  quotidiano, o perlomeno di buona parte dell'umanità. Questo  comportamento (in rapida espansione anch'esso dall'Occidente al resto  del mondo) prevede la focalizzazione del senso dell'esistenza sul ciclo  produttivo e consumistico, l'esaurimento delle risorse del pianeta per  il conseguimento di tale illusorio paradiso materiale e la degenerazione  alimentare e dello stile di vita. 
In una sorta di 'maialitudine'  progressiva andiamo alla ricerca dell'emozione perduta di appagamento e  di serenità esistenziale che abbiamo barattato per un vassoio di  pasticcini e un carrello di oggetti di plastica colorata con cui  riempire le nostre case-loculo dove trasciniamo i nostri giorni tra un  ipnotico divano-televisivo e un venefico frigorifero.
Come spesso  accade in questa realtà, talvolta la soluzione di problemi complessi è  semplice, anche se la difficoltà viene poi sempre dal riuscire a  metterla in pratica superando i vincoli del piano materiale e i propri  attaccamenti e convinzioni errate o indotte. Una delle possibili  varianti di elevato livello tecnico-scientifico che potrebbe contribuire  a un mondo e a degli individui più felici e leggeri per il pianeta è...  camminare.
Se questo è vero e facilmente immaginabile dal punto di vista ecologico lo è ancor più dal punto di vista salutistico. 
Paul Higgins, professore dell'American Association for the Advancement of Science,  ha ad esempio calcolato nel 2007 che se tutti gli statunitensi di età  compresa tra i 10 e i 74 anni camminassero almeno mezz'ora al giorno si  potrebbe avere un risparmio di emissioni USA di CO2 pari a 64 milioni di  tonnellate. Con lo smaltimento abbinato di 1,5 miliardi di chili  superflui... Che per un popolo sempre più obeso e acciaccato come gli  statunitensi sarebbe un bel risultato, sia in termini medici che di  risparmio economico per il servizio sanitario e di sofferenza per  pazienti e familiari.
Ma camminare non implica solo questo. 
Camminare, oltre che un aiuto  alle diverse forme di vita del pianeta di fronte alla drammatica  situazione attuale è probabilmente anche la più grande medicina per il corpo, per la mente e per lo spirito.
Camminare è un'attività fisica, ma anche un'esperienza profondamente emozionale. 
In un certo senso è un ritorno alle origini. Uno dei pochi movimenti  che possiamo ancora sperimentare rivivendo l'atavico nostro vagare sulle  lande del pianeta a un ritmo a noi consono che lascia spazio al fluire  dei pensieri e all'osservazione contemplativa. 
Anche quando il cammino  non porta da nessuna parte, non è motivato da una meta, non perde di  dignità e neanche di senso. 
Fare una passeggiata, ancora oggi, non ha  bisogno di una spiegazione di utilità e questo, nel nostro mondo, ha del  miracoloso. Credo infatti che il camminare sia una delle poche attività  umane cui viene riconosciuto questo privilegio di nobiltà. Almeno sino  ad ora. 
La proiezione nel prossimo futuro è ovviamente tragica. 
Chi  cammina in alcuni non-luoghi come nei pressi di tangenziali, centri  commerciali, svincoli stradali ecc. è visto con diffidenza, con dubbio. 
Chi cammina è l'immigrato, il mendicante, il disturbato mentale,  l'eccentrico. C'è sicuramente in atto un tentativo di ghettizzare il cammino  e gli ultimi camminatori a determinati settori del territorio. 
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Il cammino che vive e che ti fa rivivere è quello alla ricerca di  rarefazione: di case, di uomini, di pensieri, di segnali della 'civiltà'  metropolitana. 
È un cammino che ricerca tempi e ritmi propri e  rallentati, un cammino che mira in ultima analisi al ritrovamento  atavico della libertà umana, alla reintegrazione con il movimento costante dell'assoluto.
Questo tipo di cammino ha solide basi storiche nel mondo spirituale. 
 Come dice una studiosa del francescanesimo, Chiara Frugoni, i primi  francescani si votavano a una vita di povertà e peregrinazione in  assoluta consapevolezza nell'intento di divenire "spiritualmente immuni  dalla sete di dominio e di possesso, dalla violenza, dai desideri  diventati bisogni, dalle costrizioni della vita quotidiana. La povertà  volontaria [era] libertà fisica - costringe[va] a camminare e camminare  - ma soprattutto libertà mentale: permette[va] di ascoltare davvero le  parole del Vangelo, di amare senza riserve.
Camminare ci riporta alle radici della nostra esperienza sulla terra 
Camminare ci riporta alle radici  della nostra esperienza sulla terra. Come diceva Bruce Chatwin, l'uomo,  quando ha smesso di camminare, ha manomesso la chimica del cervello  umano. Se la nostra irrequietezza è solo il frutto del mancato  soddisfacimento del bisogno biologico di camminare è ovvio che rimanendo  sostanzialmente stanziali (anche chi viaggia molto in aereo è in questo  senso più o meno 'stanziale'; ossia vaga da una poltrona, di casa o  d'ufficio, all'altra, d'aereo) entriamo in uno stato di sofferenza e  stress. Questa, secondo Chatwin, è la motivazione per cui gli stanziali  hanno talvolta identificato Dio con il vino, l'hashish o un fungo  allucinogeno. Le droghe in pratica sono veicoli illusori per chi ha  rimosso l'attività del camminare nel mondo reale.
Infatti, David Le Breton, uno degli studiosi che più ha centrato il 
senso di questo movimento psicocorporeo sottolinea che: 
“Camminare  significa aprirsi al mondo. L’atto del camminare riporta l’uomo  alla coscienza felice della propria esistenza, immerge in una forma  attiva di meditazione che sollecita la piena partecipazione dei sensi. È  un’esperienza che talvolta ci muta, rendendoci più inclini a godere del  tempo che non a sottometterci alla fretta che governa la vita degli  uomini del nostro tempo" 
Uomini e donne che hanno  sempre più difficoltà a trovare tempo per se stessi. A stare  semplicemente con se stessi, a guardare un bosco, a realizzare di non  essere necessari e allo stesso tempo unici. Camminare (senza uso di  strumenti tecnologici, come il telefono cellulare, che ci strappano al  nostro presente) è probabilmente uno dei metodi più potenti in grado di  armonizzare mente, corpo e spirito, sempre più dislocati su piani  diversi e non comunicanti tra loro.
 Il tentativo di ritrovare un'unione integrale dell'essere anche se di pochi sfuggevoli istanti passa attraverso questa semplice attività alla portata di quasi tutti noi.
E  nei tratti di cammino che viene effettuato in silenzio credo si possa  ascoltare proprio tutto, anche la coscienza che sussurra. Nel silenzio  ci sono tutte le parole e intere lingue. Il linguaggio del passo è come  quello degli occhi: comunica senza dire. E quella comunicazione  richiede il nostro ascolto.
Camminare ti obbliga ad abbracciare un'ottica di eliminazione del superfluo e ad entrare più direttamente nel cuore delle cose 
Camminare  ti obbliga poi anche ad abbracciare un'ottica di eliminazione del  superfluo (che non puoi portare con te a lungo) e ad entrare più  direttamente nel cuore delle cose. Non è la vita vista attraverso  lo 'schermo' del finestrino dell'auto o del treno (o della tv) ma ci  sei proprio dentro, allo stesso livello del terreno, lo calpesti, lo  senti, senti gli odori, il vento, i piccoli rumori della natura, vedi il  passaggio delle nubi nel cielo, quello stesso cielo che stai  attraversando con il tuo corpo. 
Non stai fuggendo veloce,  come nel fine settimana verso il mare. Stai appropriandoti senza  possederlo del mondo in cui sei immerso. Puoi respirarlo letteralmente e  ascoltare il tuo respiro che ti comunica che sei vivo, in movimento  attraverso l'esistenza. E sei leggero, non invadi, non distruggi,  non uccidi, non inquini. Un amico di tutte le creature. Non investirai  mai un riccio o un tasso. Al limite incontrerai caprioli e volpi e vi  starete a guardare alcuni eterni secondi di reciproca comprensione.
In quel momento c'è lo scollamento dalla pesante consapevolezza della condizione umana. Lì accade il miracolo della presenza  nell'attimo e si diviene leggeri. Non c'è più l'angoscia latente dello  sforzo di comprendere il mondo ostile che ci circonda perché, come ha  colto ancora Le Breton, “camminare riduce l'immensità del mondo alle  dimensioni del corpo”. 
È una scoperta che può essere  inebriante per chi non vi è abituato ma che in ogni caso ogni volta si  rinnova perché “camminare è un metodo per calarsi nel mondo, per  compenetrarsi della natura, per mettersi in contatto con un universo che  rimane inaccessibile alle normali modalità di conoscenza e di  percezione. Con il proseguire del cammino, il viaggiatore allarga lo  sguardo sul mondo, immerge il suo corpo in una nuova condizione.
“Camminare è un metodo per calarsi nel mondo, per compenetrarsi della natura" 
E questa nuova condizione ha varie sfaccettature, alcune delle quali sorprendenti.
Un  giornalista francese in pensione, Bernard Ollivier, che ha effettuato  vari lunghi viaggi e peregrinazioni a piedi sino in Asia ha dato vita  nel 2000 alla Fondazione Seuil  che si occupa di aiutare i giovani  carcerati a ritrovare un proprio equilibrio e a ricominciare su  altre basi attraverso l'esperienza di un lungo cammino a piedi di un  paio di migliaia di chilometri di sentieri e strade europee, zaino in  spalla. 
Due giovani alla volta accompagnati da un  operatore volontario trascorrono in questo modo alcuni mesi in piena  libertà attraverso paesi e campagne sconosciute alla ricerca di valori e  riflessioni prima inesplorate. Il training è stato riconosciuto  dai giudici francesi come valida alternativa al carcere per i giovani di  età compresa tra i sedici e i diciotto anni.
Camminare quindi è un'attività che di per sé agisce sul valore morale dell'individuo.
Per  camminare occorre abbassarsi al livello degli altri uomini e animali e  scrollarsi di dosso eventuali sentimenti di superbia o di odio che  spingono a guardare dall'alto al basso chi ti sta intorno, specie se sei  partito svantaggiato in questa esistenza come accade per tanti di  questi ragazzi. E anche questo è un meccanismo psicologico antico come  l'uomo: "[...] perché è invariata nei millenni l'aspirazione a servirsi  il meno possibile delle gambe: c'è una rivincita atavica e archetipica  nei confronti delle divinità arroganti, alla fonte di tanto odio per il  camminare. Non soltanto per ragioni pratiche, per accorciare le  distanze, per viaggiare più comodi. 
Spostarsi a cavallo e in  groppa ad altri animali, poi in carrozze o baldacchini, conferiva una  posizione più elevata, pur se effimera, ai vecchi, agli ammalati e  financo alle partorienti, pur sempre di nobile lignaggio. Consolidò status symbol,  alimentò invidie ed efferatezze, se qualcuno fu persino disposto - come  sappiamo - a barattare il suo regno per un destriero. I pochi santi che  in seguito decisero di abbandonare ogni ricchezza, non per nulla, con  un gesto esemplare immortalato in tante immagini, scesero dalle loro  cavalcature. Si incamminarono... ".
E per tutti questi e altri motivi è giunto quindi il tempo di incamminarsi.
"Per  chi cammina, la coscienza della propria vulnerabilità è un incentivo  alla prudenza e alla disponibilità verso gli altri, invece che alla  conquista e al disprezzo". 
Oggi il disprezzo nei confronti del  pianeta e dei nostri simili più sfortunati ha raggiunto un limite  insopportabile. E il nostro spirito è diviso. In un unico semplice gesto  possiamo contribuire a migliorare il nostro destino, sia collettivo che  individuale.
 Per le Note bibliografiche, rimando al link Su Il Cambiamento
Camminare