Giorgio Colli ha affrontato un'impresa colossale: quella di ricostruire le origini del pensiero greco riorganizzando i testi dei poeti e dei filosofi arcaici intorno ai miti di Dioniso, di Apollo, di Orfeo...
Certamente la Grecia non è solo una pretesa, e i presocratici sono un mondo nel quale dovette trovarsi a suo agio.
Per Colli, probabilmente, nell'età contemporanea si sono persi i fili magici che legavano la conoscenza all'essenza delle cose, la ricerca per sete di verità.
In questo Colli è veramente proteso verso l'abisso insondabile della Grecia pre-classica.
E, in fondo, la verità, in quell'epoca, resta mescolata a quel complesso di relazioni tra mondo magico, misterico e religioso a tal punto da indirizzare la vita verso l'immagine, gioiosa e crudele al tempo stesso, del sapere puro.
Questo sapere, secondo Colli, per i greci, prendeva le sembianze di Dioniso, "un dio che muore"
E da questa morte, che altro non rappresenta che la trionfale comparsa della coscienza nel mondo greco, fiorisce, come Nietzsche intuisce in giovane età , e Colli ribadirà con forse più consapevolezza, l'armonia e la bellezza dell'armonia.
Apollo, secondo gli orfici, raccoglie i resti di Dioniso. In questo senso però bisogna considerare
che Apollo e Dioniso, benché per Colli si mescolino in più di un attributo, sono due divinità fondamentalmente distinte.
Se Dioniso riassume in sè la "cifra della sapienza" , Apollo è il Dio della sapienza, della parola, il dio a cui si rivolge tutta la Grecia consultando i suoi messaggi oracolari.
Si affaccia quindi l'ipotesi affascinante che Apollo sia l'avvento nella Grecia antica della conoscenza, intesa come relazione ed apertura tra sovrarazionale e razionale.
Apollo rievoca, rimanda a qualcosa d'altro, precisamente rimanda a Dioniso come in un gioco di specchi dove solo l'uomo di conoscenza riesce a trovare la via d'uscita dal labirinto.
Il messaggio terribile che ci hanno lasciato i Greci, un messaggio che Colli ha decifrato, è che la sapienza assoluta è conoscenza del corpo straziato e martoriato di Dioniso, conoscenza del furore e del sacrificio di sangue, dello smembramento che ogni istante si consuma, come un rituale eterno, della interezza del tutto.
Il tutto è separato.
Ci lascia. Si disperde.
Il tutto vede se stesso, come Dioniso nello specchio col quale gioca e si guarda nell'attimo in cui viene aggredito dai Titani, e si frantuma.
Ma lo specchio non va in frantumi. Lo specchio riflette l'immagine che ha davanti, come una maledizione.
Come l'enigma, che Apollo lancia col suo arco d'argento, riflette la verità ma non è la verità.