E' domenica, una bella domenica di settembre, ma - come un spirito maligno - anche i pensieri che mi hanno ossessionato per anni, ritornano...
Ho sfogliato un libro di Franco Cordero che porta come sottotitolo "Regnava Berlusco"
Domenica di settembre |
Pagina IX
Breve ouverture a Regnabat Berlusco
La storia comincia negli anni ottanta, quando l'impresario edile ingigantito da capitali oscuri irrompe nel selvatico etere televisivo e, comprando favori governativi, allunga le mani fino a diventare duo- polista, indi egemone.
Questo libro racconta in sessantun quadri gli ultimi trentasette mesi: come un tre volte capo del governo, trionfante alle urne, dilapidi la fortuna politica (l'economica è nei forzieri)
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Non s'era ancora visto l'eguale in frode, falso, plagio, estri d'astuto corruttore, e salta nel pantheon dei più ricchi al mondo soverchiando concorrenti meno disinibiti.
Padroni e servi |
Dagli affari alla politica, identica maniera. Cinque reti televisive su sette gli assicurano un dominio psichico capillare. A termine più o meno lungo, l'esito era prevedibile: seminano miseria gestioni piratesche della res publica, aperta al parassitismo famelico (P2, P4 ecc.); e nella crisi planetaria l'effetto risulta devastante perché l'organismo collettivo era minato dalla corruzione.
Tisi economica. Dominus negava i sintomi del malessere organico, continuando imperterrito: da otto anni e mezzo tosa sessanta milioni d'anime perseguendo l'impunità; alla perdita dei consensi elettorali rimedia comprando qualche parlamentare.
Malgovernata così, l'Italia è malata contagiosa: l'Europa lo mette in mora e lui oppone furberie; mimica magliara, più che commedia dell'arte. Qualunque cosa dica, non gli credono: da Cannes, 3 novembre, torna come i debitori insolventi la cui parola vale zero; siamo paese infido, sorvegliato da due commissari.
La nonchalance con cui sopporta tali figure indica un sensorio morale piatto, e che testa sia lo dicono farfugliamenti.
4 novembre: gl'italiani stanno bene; consta da quanto spendono affollando ristoranti e aerei. Nella stessa occasione, rivolto al dissenso interno, chiama traditore chi gli neghi fiducia: felloni, rincara un nostalgico della Repubblica fascista; li vuole fucilati nella schiena, come i cinque a Verona, gennaio 1944. Suona psicotica anche l'idea che, se dura fino a Natale, cada il rischio d'un governo aperto agli oppositori: Dio sa perché; erano più razionali le cabale hitleriane in articulo mortis.
Invano nella notte 4-5 novembre quattro devoti gli consigliano d'eclissarsi (plenipotenziario cardinalesco, gran visir reclutatore, segretario con dubbia investitura d'erede, sottosegretario flebile portavoce). No, risponde, perché intende il potere in chiave tirannica: deporlo significa essere finito; l'ultimo precedente è un ras libico le cui mani baciava.
E l'impero Mediaset? Cos'abbia in mente, l'ha detto e ripetuto: stare lì finché esistano i numeri, anche fosse minimo lo scarto; e guardando negli occhi i perplessi (metafora d'esche e ricatti), conta d'acquisirli. Non sarebbe lui se ripiegasse come Cola di Rienzo 15 dicembre 1347, né ha scrupoli circa i mezzi. Dopo nuove pressioni notturne, lunedì 7 novembre le campane suonano a morto: lo spread tocca i 490 punti; l'interesse sui BTP è al 6,6%; soglia catastrofica; evade dal PDL una famosa ex show-girl;
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Qui sopravvengono i coups de théâtre. Martedì 8 novembre Montecitorio vota sul rendiconto 2010: trecentotto sì con trecentoventun assenti o astenuti svelano un governo senza numeri; e B., sinora ferocemente bellicoso (tanto più dopo un consulto familiare), sfodera la mossa imprevedibile; salito al Quirinale, anziché dimettersi, annuncia future dimissioni, quando le Camere abbiano approvato l'emendamento alla legge di stabilità contenente gl'impegni verso l'Europa. Vuol essere lui ad adempierli.
Siccome l'emendamento non esiste ancora, ha l'aria d'una condizione «si voluero», congeniale alla calliditas (astuzia) belusconiana: così la intendono gli osservatori; l'indomani i titoli italiani sprofondano a livelli da default. Verso sera interviene il capo dello Stato garantendo dimissioni effettive entro sabato, appena la legge sia votata: viene finalmente fuori l'emendamento; e la crisi sarà subito sciolta. La stella berlusconiana cade, affossata dai mercati: l'uscente augura fortuna al successore in pectore ...
Vaghe prospettive sul poi. Se Dio vuole, siamo fuori dal pericolo d'una monarchia caraibica, ma trent'anni d'inebetimento televisivo hanno allevato una specie umana berlusconoide (nei desideri: molti sono poveri diavoli), disintegrando pensiero, sentimento morale, gusto; sarà affare duro ricostituirli.
È triste dirlo, dettava uno stile: avversari malfermi gli stavano davanti col cappello in mano; era luogo comune che l'antiberlusconismo fosse sterile, quindi perdente, mania d'ossessi.
La CULTURA ITALIANA del ventennio |
"Chi", organo del culto d'Arcore, raccontava i fasti delle regge, non essendo ancora trapelati al pubblico i riti d'Eliogabalo ivi consueti.
Nelle file blu spiccano tre tipi umani: gl'incantati pronti al giuramento purgatorio sull'onore del Capo; lo sgherro, furioso all'idea che la baldoria finisca; e un più o meno bienséant ammiratore dei malaffaristi dai forti spiriti animali (lo chiamavano «imprenditore geniale»).
Ancora l'anno scorso consulenti dell'opinione moderata condannavano la scissione nel PDL. In vent'anni almeno un italiano su tre ha bevuto la favola, quindi niente esclude un revival minoritario, dove l'Estinto o sopravvivente innocuo sia figura celeste.
Estrapolato da qui:
Franco Cordero
Titolo L'opera italiana da due soldi
Sottotitolo Regnava Berlusconi
Edizione Bollati Boringhieri, Torino, 2012-
Immagini prese in rete