Lo studio dei racconti popolari comincia poco dopo il 1800 e si rivolge quasi esclusivamente alla saga ed alla fiaba.
L’interesse si appunta a lungo sull’origine e il contenuto pagano di fiabe e saghe.
I fondatori della ricerca sul racconto popolare, in particolare sulle fiabe, sono i fratelli Jacob e Wilhelm Grimm.
Essi partono dall’idea che ogni popolo ha una sua anima, la quale si esprime con la massima purezza nella lingua e nella poesia, nelle canzoni e nei racconti.
Nel corso del tempo, i popoli hanno perduto in parte la propria lingua e la propria poesia.
Questo fenomeno si applica soprattutto ai ceti più elevati.
La cultura originaria può essere ritrovata, nella sua forma più pura, presso gli stati sociali inferiori.
In questa ottica le fiabe sono resti dell’antica cultura unitaria del popolo. Nel 1812 e nel 1815 i fratelli Grimm pubblicarono due volumi per un totale di 156 fiabe, che formano il punto di partenza dello studio dei racconti popolari.
I Grimm definiscono le loro fiabe “schegge di una pietra preziosa”, cioè resti di racconti pagani, germanici, mitologici
Come elementi pagani delle fiabe, i Grimm considerano in primo luogo i motivi che compaiono anche negli antichi testi mitologici; secondariamente, tutto ciò che non può essere ricondotto alla fede cristiana: metamorfosi, magia, alberi e animali parlanti, ecc…
Molti furono gli studiosi del racconto parlato, da Freud a Jung, a Steiner....
Rudolf Steiner considera le fiabe come un mezzo per ridestare alla vita l’anima, che – nel mondo moderno – riesce ad esprimersi con sempre maggiore difficoltà.
L’interesse si appunta a lungo sull’origine e il contenuto pagano di fiabe e saghe.
I fondatori della ricerca sul racconto popolare, in particolare sulle fiabe, sono i fratelli Jacob e Wilhelm Grimm.
Essi partono dall’idea che ogni popolo ha una sua anima, la quale si esprime con la massima purezza nella lingua e nella poesia, nelle canzoni e nei racconti.
Nel corso del tempo, i popoli hanno perduto in parte la propria lingua e la propria poesia.
Questo fenomeno si applica soprattutto ai ceti più elevati.
La cultura originaria può essere ritrovata, nella sua forma più pura, presso gli stati sociali inferiori.
In questa ottica le fiabe sono resti dell’antica cultura unitaria del popolo. Nel 1812 e nel 1815 i fratelli Grimm pubblicarono due volumi per un totale di 156 fiabe, che formano il punto di partenza dello studio dei racconti popolari.
I Grimm definiscono le loro fiabe “schegge di una pietra preziosa”, cioè resti di racconti pagani, germanici, mitologici
Come elementi pagani delle fiabe, i Grimm considerano in primo luogo i motivi che compaiono anche negli antichi testi mitologici; secondariamente, tutto ciò che non può essere ricondotto alla fede cristiana: metamorfosi, magia, alberi e animali parlanti, ecc…
Molti furono gli studiosi del racconto parlato, da Freud a Jung, a Steiner....
Rudolf Steiner considera le fiabe come un mezzo per ridestare alla vita l’anima, che – nel mondo moderno – riesce ad esprimersi con sempre maggiore difficoltà.