Oggi, nel pomeriggio, mi sono messa a ‘sfogliare’ il mio blog, per ricordare gli anni scorsi, in questo periodo pre-natalizio, e mi sono imbattuta in questo testo di una grandissima donna, docente di paleoantropologia, Maria Giovanna Belcastro di cui avevo messo un post verso la fine del 2010.
Figli di abbracci lontani
"Eravamo
seduti una di fronte all'altro sul vagone di un treno, con le gambe accavallate
e un libro in mano. Quando lui si addormentò cominciai a fissare il suo ventre
in modo quasi imbarazzante.
Vidi
in quell'uomo le sembianze di un animale dalla postura inconsueta per un
quadrupede, seduto sugli arti posteriori, mentre quelli anteriori, che
avrebbero dovuto prima o poi toccare il terreno, trattenevano ancora il libro.
Così
guardai le mie mani ed ebbi gli stessi pensieri. Guardai ancora-il suo ventre,
poi il mio, così esposti e vulnerabili, il suo teso sotto la camicia, che
lasciava intravedere la forza virile e il mio, morbido e rassicurante, stretto
dalla maglia attillata. Capii la forza di quel possibile contatto. Nessun
animale poteva sentire e guardare un proprio simile da quella prospettiva.
Ma
certo!
Ricapitolai
così la storia dell'uomo: siamo bipedi e tutti figli di abbracci lontani almeno
2 milioni di anni.
L'abbraccio
nell'intimità tra uomo e donna, l'abbraccio costante e rassicurante tra madre e
figlio, l'abbraccio forte tra compagni che condividono le stesse esperienze,
l'abbraccio confortante tra congiunti di fronte alla morte, gli abbracci noti e
quelli inaspettati, non furono più dimenticati e, generazione dopo generazione,
sono arrivati a noi.
Così
è cresciuto l'uomo, pensai.
Tra
questi pensieri il mio compagno di viaggio si svegliò e mi sorrise."
Maria
Giovanna Belcastro (docente di paleoantropologia all'Università di Bologna) Dal
Calendario dei 12 Passi dell’anno 2010
L’immagine
è di Franco Murgia