"... Si narrava in epoche remote che all'inizio del tempo sorsero suoni nella tenebra e presero un ritmo e a poco a poco divennero intelligibili, tramutandosi in fili di luce ondulante, per assumere infine la forma di corpi investiti dalla luce.
Se si presta fede a questa genesi, basterà chiudere gli occhi e concentrarsi sulle musiche della natura: esse esprimono con precisione gli eventi, poiché in questo ritmo celano il loro più intimo segreto, la loro essenza, chiave e origine.
Ogni sentimento si risolve nel ritmo che ne forma il sigillo e ne offre la definizione.
Si tengano chiusi gli occhi e cadenze bene rullate ci comunicherebbero tutto ciò che le pupille spalancate ci mostrerebbero.
Ce ne informeranno anzi assai meglio di qualunque vista o definizione verbale.
I vocaboli sono miseri sussidi, rispetto al ritmo che li lega, connette, articola, atteggia, disponendoli in frasi musicali, in versi.
... Si presti orecchio alle sequenze ritmiche che attraversano le foreste africane: con la massima cura diffondono i loro messaggi, meglio d'ogni sequenza di parole e frasi.
Chi le ascolti, può credere che il mondo fu creato dal suono e che la visibilità ne sorse in un secondo momento.
Oppure si ascoltino musiche nella notte fonda. Come dice Cioran, esse possono diventare "il linguaggio della trascendenza" e questo spiega le complicità che sanno creare: introducono in un universo dove le frontiere sono abrogate: "peccato che Proust, tanto impegnato ad analizzare la musica e i suoi effetti, ignori la sua capacità di trasporre al di là della sensazione".
Questa genesi innocente sta a eoni di distanza dalle fantasticherie su Eden primordiali ...."