domenica 16 gennaio 2011

Lanterna magica

"L'estate in cui compii sedici anni fui mandato in Germania come Austauschkind: Questo significava che per sei settimane sarei rimasto in una famiglia tedesca insieme a un ragazzo della mia età. Quando le sue vacanze fossero iniziate, lui mi avrebbe accompagnato in Svezia e sarebbe stato mio ospite per un periodo equivalente.

Capitai nella famiglia di un prete, in Turingia, in un paesino di nome Haina, a mezza strada tra Weimar ed Eisenach. Il paese sorgeva in una valle allungata, al centro di una regione ricca. Tra le case serpeggiava un piccolo fiume, indolente e torbido. Nel paese c'erano una chiesa gigantesca, una piazza con il monumento ai caduti e una fermata dell'autobus.

La famiglia era numerosa: sei figli e tre figlie, il pastore, sua moglie e un'anziana parente... Qest'ultima aveva i baffi, sudava abbondantemente e dirigeva la casa con un pugno di ferro. Il capofamiglia era un uomo esile, con una barbetta da capra, dolci occhi azzurri, batuffoli di cotone nelle orecchie e un basco nero calato giù sulla fronte. Era colto e amante della musica, suonava diversi strumenti e cantava con una morbida voce tenorile.

Il mio amico, Hannes, sembrava ritagliato da un giornale di propaganda nazionalsocialista: biondo, alto, occhi azzurri, un sorriso franco, orecchie piccolissime e una peluria che sarebbe divenuta barba .
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Poi Hammes mi propose di accompagnarlo a scuola e ascoltare le lezioni..
Fui accolto con esaltata cordialità e fui fatto sedere accanto ad Hannes.
L'aula era ampia, mal tenuta, umida e fredda nonostante fosse estate al di là delle finestre.
Era l'ora di religione, ma sui banchi era posato il Mein Kampf di Hitler.
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La domenica la famiglia andò alla messa. La predica del pastore fu sorprendente. Il suo punto di partenza non furono i vangeli ma il  Mein Kampf.
Dopo la funzione prendemmo il caffè nella casa parrocchiale. Molti ospiti erano in uniforme e io ebbi parecchie occasioni per syendere la mano e dire Heil Hitler.

A Weimar doveva tenersi il congresso del partito con una gigantesca manifestazione capeggiata da Hitler. Alla canonica c'era molta fretta, camicie venivano lavate e stirate, cinture e stivali lucidati, i ragazzi partirono all'alba.
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Arrivammo a Weimar a mezzogiorno. La parata e il discorso di Hitler avrebbero avuto inizio alle tre.
La città ribolliva già di gioiosa agitazione, la gente andava in giro vestita della festa o in uniforme. Dappertutto suonavano orchestre, le case erano coperte di ghirlande e striscioni. Le campane suonavano, sia quelle delle cupe chiese protestanti che quelle delle allegre chiese cattoliche.
Alle tre in punto s'udì qualcosa di simile all'avvicinarsi di un uragano. Quel suono sordo e spaventoso si diffuse per le strade e rimbalzò contro le pareti delle case. Lontano, al di là della piazza, avanzava un corteo di automobili nere scoperte.
Il boato crebbe e coprì i tuoni del temporale che nel frattempo s'era scatenato, la pioggia cadde come un sipario trasparente, i colpi esplodevano al di sopra del luogo della cerimonia.
Nessuno fece caso alla tempesta, tutta l'attenzione, tutto l'entusiasmo, tutta quella beatitudine si concentrava intorno a un'unica figura. Lui sedeva immobile nell'enorme auto nera che faceva lentamente il giro della piazza.
Ora si voltò a osservare quegli ossessi che gridavano e piangevano. La pioggia gli scorreva sul viso e la sua uniforme era scurita dall'acqua. Poi scese lentamente sul tappeto rosso e avanzò solo verso la tribuna d'onore. Il seguito si mantenne a distanza.
All'improvviso si fece il silenzio, solo la pioggia scrosciava sul selciato e sulle balaustre. Il Fuhrer parlò.
Fu un discorso breve, io non capii granché, ma il tono era a volte solenne, a volte scherzoso, i gesti sincronizzati e ben studiati.

Quando il discorso finì, tutti gridarono il loro Heil, il temporale cessò e i caldi raggi del sole squarciarono le nubi blu e nere. Un'orchestra immensa cominciò a suonare e la parata entrò nella piazza, sfilò intorno alla tribuna d'onore, passò accanto al teatro e alla Cattedrale e quindi uscì per una delle strade.

Non avevo mai assistito a qualcosa che potesse assomigliare a quella esplosione di forza smisurata.
Gridai come tutti gli altri, stesi il braccio come tutti gli altri, ululai come tutti gli altri, amai come tutti gli altri...."

Da "Lanterna Magica" di Ingmar Bergman - Ed. CDE spa - Milano su licenza della Garzanti Editore (1987)

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