giovedì 25 novembre 2010

Nude a tutti i costi

Mi sono imbattuta in un articolo del 2003 de Il Mattino che riporta credo, stralci di questo saggio:
 

"La donna su misura. L’immagine femminile stereotipata dalla pubblicità" saggio curato da Dino Aloi, Flavia Cavalero e Simonetta Carbone.
 

A me sembra che  sia ancora piuttosto attuale, per cui lo riporto qui.

"Siete sicure d’esser sempre veramente affettuose con vostro marito? La vostra periodica irritabilità non è forse causa di malintesi evitabilissimi? Sanadon combatte ogni ricorrente motivo di nervosismo e di dolore": la pubblicità di una brodaglia capace di rendere la donna sempre contenta (siamo nel 1951) è uno dei capolavori del macabro raccolti nel volume La donna su misura. L’immagine femminile stereotipata dalla pubblicità.


Pubblicato dall’editore Il Pennino, curato da Dino Aloi, Flavia Cavalero e Simonetta Carbone, il libro è un divertente e impressionante viaggio tra le immagini pubblicitarie apparse su quotidiani, riviste e periodici, nonché su manifesti e dépliant, a partire dalla fine del 1800 per giungere ai nostri giorni.

Dino Aloi, classe 1964, tra i più brillanti vignettisti italiani (2500 vignette apparse su «Il Travaso», «Radiocorriere», «Paese Sera», «La Gazzetta dello Sport» e più recentemente su «L’Alto Adige»), è il condirettore del Museo del Sorriso di Baiardo, nonché l’ideatore del Premio Giorgio Cavallo, una sorta di Oscar della vignetta che quest’anno è stato assegnato a Sergio Staino. 


E poi le mostre di Jacovitti e Peynet, ma anche quella dedicata alle benemerite «tette».
Un attributo femminile amato tanto dagli umoristi quanto da pubblicitari, e questo forse spiega il perché un vignettista come Aloi abbia deciso di affrontare l’universo della pubblicità:
«Abbiamo sfogliato più di tremila pubblicazioni, dalle riviste umoristiche ai magazine femminili, dai settimanali politici ai fotoromanzi, da ”Topolino” a ”Grand Hotel” alla ”Domenica del Corriere”».
 

Continua Aloi: «Abbiamo preso in considerazione solo le pubblicità, escludendo, per esempio, le copertine di ”Panorama” ed ”Espresso” degli anni della "guerra delle tette", che fanno storia a sé, e così le pubblicità pornografiche.

Alla fine abbiamo selezionato 140 immagini che vengono a formare una galleria di stereotipi, distinte in diverse sezioni: Nude a tutti i costi, Angelo del focolare, Il richiamo del motore, Rapporto con il potere, Sacro e profano, Crisi di identità, Un vero tesoro, Vietato invecchiare, Come siamo caduti in basso, Finalmente l’ironia. 

Una "campionatura" dell’immagine prevalente che la pubblicità ci offre della donna, una sorta di "blob", dove si è voluto evitare il "peggio", ma anche di scadere nel moralismo o nel femminismo"».

In effetti un «catalogo» di questo tipo, e la relativa mostra itinerante, si prestano facilmente ad accuse di moralismo, ma gli autori hanno evitato di cadere nella trappola ricorrendo all’arma dell’ironia: 


«La parte più corposa del volume - spiega ancora Dino Aloi - si intitola "Nude a tutti i costi", ma non vuole essere una critica al nudo in quanto tale. Ho in mente le foto di Helmut Newton e sono meravigliose. Il problema è l’accostamento pretestuoso, quindi il nudo "fuori luogo".
L’abbinamento nudità-oggetto da pubblicizzare è un malcostume che nasce dalla metà degli anni Settanta. Insomma, se devi pubblicizzare un capo di abbigliamento intimo il nudo va benissimo, ma se devi pubblicizzare una pila, una birra o un barattolo di pelati, perché metterci le curve? Il barattolo di passata anche da solo fa la sua figura».
 

Quindi non moralismo, ma sguardo critico per imparare a considerare la pubblicità in modo diverso, con maggiore attenzione e di discernimento.
 

«L’ironia è il vero filo conduttore, perché rende tutto più leggero e stempera le immagini più urtanti. 

Ammetto, comunque, che ci siamo auto-censurati evitando cose troppo forti: penso alla pubblicità di Gucci con la modella con il pube rasato a forma di G».
 

In versione sexy e disinibita, oppure in quella più rassicurante di donna dolce, sottomessa e sempre contenta, o ancora nei panni della manager aggressiva che mette i maschi sotto i suoi tacchi vagamente sado-maso, comunque sia dalla pubblicità la donna ne esce veramente mal ridotta, tritata dagli stereotipi che ieri la volevano «angelo del focolare» e «donna mamma», oggi creatura sensuale, molto nuda, senza un capello bianco, senza una ruga, perché, come recita una pubblicità di Dior, è «vietato invecchiare».
 

E anche se l’immagine femminile cambia con l’evoluzione della società, del costume e degli stili di vita, alcune costanti permangono.
Una tra tutte: l’ossessione per il seno. Che deve essere rigorosamente sodo e per nulla cadente, e quando la natura non aiuta allora si può ricorrere a miracolose creme, come Senobel, di produzione napoletana, che promette un seno «protuberante» o la mitica Poppeina (1899), lozione «composta di vegetali, affatto privi di veleni» capace di conservare «l’opulenza, la sodezza e la freschezza di quella preziosa parte del corpo muliebre».


Se poi l’ossessione del seno sia cosa femminile o malattia indotta dai maschietti, su questo il dibattito è ancora aperto. 

Emanuele Rebuffini (titolo dell'articolo "Nude a tutti i costi", Il Mattino 22 aprile 2003)

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