Giovedì scorso, girellando per Bologna, di mattina, sono passata vicino ad una edicola che, quando ancora abitavo in città, frequentavo spesso, per la varietà delle pubblicazioni.
Il chiosco è ancora giallo come lo ricordavo.
Ho girato intorno a tutte le vetrine e ho notato con piacere che la qualità non è diminuita.
Anzi, ho notato un libro che non ho potuto lasciare.
Ne riporto unn piccolo stralcio.
Dal Prologo
Claudio Bolognini
Al tempo dei cinni, i mesi scivolavano lentamente, settimana dopo settimana, giorno dopo giorno, ora dopo ora, persino i minuti duravano un’eternità e le stagioni, come d’incanto, recavano con sé una nuova meraviglia. Il primo giorno dell’anno era riservato agli auguri casa per casa. Era concesso unicamente ai maschi perché tutti dicevano che le femmine portavano sfortuna solo a vederle per strada. La notte più lunga era quella in attesa della Befana. […..]In genere appariva sul tetto della vecchia casa dei nonni.I nonni avevano l’orologio a cucù, con le catenelle di metallo e due pesi a forma di pigne.L’uccellino dell’orologio appariva e spariva tanto rapidamente, che nessuno riusciva mai ad osservarlo con attenzione.
Erano gli anni in cui il tempo aveva il suo valore e ogni secondo veniva scandito da orologi autorevoli e chiassosi come la sveglia di metallo con il suo implacabile ticchettio. Quasi a rimarcare che il tempo deve essere assaporato lentamente, con giudizio.
Tutto era cadenzato dal lieve mutare della natura, gli unici orari rigidi erano quelli del pranzo e della cena, che un bambino saltava se aveva fatto il birichino finendo a letto senza mangiare per punizione.
Ma dietro l’angolo c’era sempre un nuovo e stupefacente gioco.
I giochi arrivavano all’improvviso.
Appariva il primo fucile a elastici? Ecco che di colpo ne sbucavano decine per poi scomparire all’arrivo di una nuova cerbottana, un tirino o un cariolino di legno. Quei giochi, una volta abbandonati, attendevano pazientemente l’anno successivo per ricomparire puntuali, come la neve a Natale o il solleone in agosto.
Con la bella stagione i mille giochi all’aperto, ritornavano con eccitata semplicità. Come sospinti da un medesimo richiamo, tutti si accingevano a fare gli stessi giochi…
La fine dell’estate era decretata dalle prime radiocronache di tutto il calcio minuto per minuto. L’inizio ufficiale dell’autunno, invece, era sancito dal primo giorno di scuola. Anche se il calendario gregoriano reclamava fin dal ventun settembre il suo diritto alla stagione autunnale, il primo d’ottobre, con l’apparire dei primi scolari, ufficializzava l’inizio dell’autunno.
Prima, infatti, era sempre e comunque estate perché estate stava a significare “vacanze scolastiche”.
Il grappolo d’uva si mangiava solo in autunno, le ciliegie solo a maggio e solo come premio. Le fragole si mangiavano unicamente a fine aprile e non tutto l’anno, ogni stagione portava con sé il suo esclusivo sapore.
……
Tratto da: Le stagioni dei cinni di Claudio Bolognini – Minerva Edizioni