Venerdì di ottobre. Il cielo è grigio, un grigio uniforme, piacevole nel contrasto con gli alberi e le siepi ancora verdi. Ho visto nei giorni passati una persona che mi è cara, piangere.
Ho intravvisto qualcosa dietro quelle lacrime, una specie di ritorno all’infanzia. E, nell'abbraccio sentito, ho capito quanto sia necessario fare uscire il pianto.
Penso a quello struggente poesia del Pascoli, che le maestre di una volta facevano imparare a memoria per Natale, e di cui ho sempre amato tutti i versi.
"...O ciaramelle degli anni primi,
d'avanti il giorno, d'avanti il vero,
or che le stelle son là sublimi,
conscie del nostro breve mistero;
che non ancora si pensa al pane,
che non ancora si accende il fuoco:
prima del grido delle campane
fateci dunque piangere un poco.
Non più di nulla, sì di qualcosa,
di tante cose! Ma il cuor lo vuole,
quel pianto grande che poi riposa,
quel gran dolore che poi non duole;
sopra le nuove pene sue vere
vuol quei singulti senza ragione:
sul suo martòro, sul suo piacere,
vuol quelle antiche lagrime buone!
(Giovanni Pascoli)
Poi cerco qualcosa di cui ho un vago ricordo in Eugenio Borgna, nel suo libro “Le intermittenze del cuore”.
“Si può scrivere una storia delle lacrime?
La lacrima dice proprio ciò che non racconta, ciò che ancora non si dice.
In un’eloquenza silenziosa, la lacrima si enuncia scomparendo, scorrendo”
Le lacrime sono le parole del silenzio e non ha senso analizzarle con la lama sottile e tagliente della ragione. Non si possono che accogliere nella loro leggerezza e nella loro luminosa inconsistenza.
“Per darci la loro luce, per darci la loro leggerezza, per offrirci il loro silenzio, si sono affidate all’oscurità, si sono sottomesse alla gravità, si sono date ai sospiri …”
“Le lacrime esistono al di là della luce, al di là della pesantezza, e persino al di là del silenzio. E’ allora che piangiamo per davvero..
Da questa eloquenza silenziosa nasce una conversazione infinita”
[…]
Lacrime che rinascono e si inaridiscono nella vita di ciascuno di noi: sulla scia di emozioni fuggitive e impalpabili, strazianti e crudeli, nelle quali il passato rifluisce nel presente, rendendolo friabile e umbratile, inafferrabile e aperto, nonostante tutto, agli orizzonti di una indicibile espérance.
Da Le intermittenze del cuore di Eugenio Borgna – Universale Economica Feltrinelli.
Immagine dal web.