Certo, può essere il caldo, comunque un'esigenza pressante mi ha portato a riaprire un libro, letto tempo fa:
"Amare Tradire" di Aldo Carotenuto e, senza scegliere, ho aperto a caso.
Così leggo:
"Una relazione autentica non esclude dal suo scenario la dimensione del dolore.
Perché in una relazione autentica i due partner non nascondono l'un l'altro il continuo mutamento della vita, l'oscillare costante, la precarietà che ci fa sentire un giorno pieni, un giorno svuotati, un giorno ostili e offesi.
Non volere tener conto della sofferenza significa anestetizzare almeno metà dell'esperienza di essere vivi, e quando a questo progetto di rimozione si lavora in due, il matrimonio si trasforma diabolicamente in una complicità nevrotica.
Il matrimonio d'anima, invece, diviene possibile solo come unione di due solitudini.
Scrive il poeta e saggista messicano Octavio Paz in Il labirinto della solitudine (1959, p. 250):
"L'amore è uno degli esempi più evidenti di quel duplice istinto che ci induce a scavare e ad affondare in noi stessi e, contemporaneamente, ad uscire da noi e realizzarci nell'altro: morte e ricreazione, solitudine e comunione."
L'uomo, sostiene Paz, è al tempo stesso nostalgia e ricerca di comunione.
Nel momento in cui egli sente se stesso, si sente anche come mancante dell'altro e, dunque, come in solitudine.
(...)"
Poi penso che da stamattina, continua a suonarmi nella testa, una vecchia canzone di Alain Barriere, Vivrò
E mi rendo conto che sono a un passo da un colpo di sole....
Ah, giusto, l'immagine è presa dal web, anche questa in maniera casuale.
"Amare Tradire" di Aldo Carotenuto e, senza scegliere, ho aperto a caso.
Così leggo:
"Una relazione autentica non esclude dal suo scenario la dimensione del dolore.
Perché in una relazione autentica i due partner non nascondono l'un l'altro il continuo mutamento della vita, l'oscillare costante, la precarietà che ci fa sentire un giorno pieni, un giorno svuotati, un giorno ostili e offesi.
Non volere tener conto della sofferenza significa anestetizzare almeno metà dell'esperienza di essere vivi, e quando a questo progetto di rimozione si lavora in due, il matrimonio si trasforma diabolicamente in una complicità nevrotica.
Il matrimonio d'anima, invece, diviene possibile solo come unione di due solitudini.
Scrive il poeta e saggista messicano Octavio Paz in Il labirinto della solitudine (1959, p. 250):
"L'amore è uno degli esempi più evidenti di quel duplice istinto che ci induce a scavare e ad affondare in noi stessi e, contemporaneamente, ad uscire da noi e realizzarci nell'altro: morte e ricreazione, solitudine e comunione."
L'uomo, sostiene Paz, è al tempo stesso nostalgia e ricerca di comunione.
Nel momento in cui egli sente se stesso, si sente anche come mancante dell'altro e, dunque, come in solitudine.
(...)"
Poi penso che da stamattina, continua a suonarmi nella testa, una vecchia canzone di Alain Barriere, Vivrò
Ormai
so che sempreeee e cosiiiiiii'.
Vorrei
che finisse
con te.
Ma pooooi
tutto continuerà.
Vivrò
anche senza di te...
Ah, giusto, l'immagine è presa dal web, anche questa in maniera casuale.