Ho scovato sul sito di Teca, un libro che non conosco, di Ezio Raimondi.
Mi sono sentita subito in profonda sintonia con quanto scritto e che riporto qui.
Capitolo ottavo
I libri dell'amicizia
Quando la propria biblioteca esorbita dai luoghi deputati e invade ogni spazio domestico può naturalmente diventare un problema per coloro che vivono con te. In casa mia questa situazione ha dato luogo a una battaglia giurisdizionale con mia moglie, che non ha mai avuto fine.
Come per ogni aspetto del nostro appartamento, avrebbe desiderato che anche i libri fossero "in ordine".
Non perdonò mai a padre Pozzi di aver detto una volta, affacciandosi sulla soglia del mio studio, "Che bella biblioteca!".
Ma era proprio il cumulo dei volumi affastellati, l'immagine quasi di un organismo vivente che si presentava allo sguardo partecipe dell'amico studioso a sedurlo, del tutto indifferente al fatto che i libri fossero o meno a posto.
Anzi. Il libro fuori posto è sempre una sfida per colui che si avventura nella ricerca, con l'ansia e la felicità di ritrovare ciò che era solo nascosto, e sembrava perduto.
La biblioteca diventa allora una sorta di foresta e il lettore un cavaliere errante che ripercorre vecchie leggende, vecchie storie, vecchie illusioni, con il desiderio di un ordine sempre conteso e mai raggiunto sino in fondo.
Quando le dita percorrono gli scaffali, alla caccia del volume perduto, se ne ricordano i colori, i caratteri esterni della collana; ma poi accade di confonderli, ci viene il dubbio di cercarlo con un colore mentre ne aveva un altro, e allora tutto diventa aleatorio e qualche volta è proprio il caso a condurci alla meta.
È come giocare a guardie e ladri in un labirinto: si vuole un libro, non lo si trova: si rinuncia. Si ricomincia con altri libri, ma di questi, tre sono scomparsi; è una sorta di maledizione, che si scioglie o con la resa, o con la felicità del ritrovamento.
Succede poi spesso — ed è una cosa singolare — che, quando si cerca un libro, ci si affacci alla mente una serie di rapporti possibili; allora, dalla ricerca di A si passa a B, C, D... E talvolta è disperante, perché si ha la sensazione di vagare senza costrutto, finché un segno positivo non suggerisce una traccia da seguire, grazie alla quale i conti della nostra quéte finalmente tornano, anche se non è più A che abbiamo trovato. Allora B o C o D emergono dal silenzio e dalle pieghe dell'oblio, come la voce di un Lazzaro che torna a discutere.
Perché la biblioteca è un luogo continuo di rinascita: da un verso celebra il tempo e forse ciò che lo distingue, la morte; ma dall'altro è la vita che irrompe.
La biblioteca è un dominio pieno di mistero dal quale attingiamo una realtà più profonda: dalla polvere del passato ricaviamo ragioni del presente; ciò che pareva immobile, consegnato all'inerzia del già vissuto, si modifica secondo le nostre prospettive di oggi.
Essa diventa così il luogo della stabilità e della metamorfosi, della protezione e del rischio; è il mutamento in ciò che continua, è il vegliardo e il giovane, è l'apertura verso qualche cosa che attraversa il tempo e i suoi confini lineari. In un certo senso, ogni biblioteca è popolata da fantasmi che, possiamo pensare, durante la notte riprendono la parola, in attesa che i viventi la rifacciano propria, un po' come le mummie nel Federico Ruysch.
Sono le voci dei libri. Alcuni di questi, di voci ne hanno due. Sono i libri che nascono da un dono, che sono una dichiarazione di amicizia, che sono, anzi, all'origine, la verifica di un'amicizia, vissuta attraverso piccole emozioni e rinnovata dall'idea e dalla parola di un grande scrittore. E così che quei libri hanno due voci: la voce propria, grande, che fa piacere riascoltare quando ci si sente sciocchi, poiché la distanza è tale da giustificare il nostro essere sciocchi; e la voce che si aggiunge, piccola e domestica, che racconta la storia di quel libro, la trama delle emozioni che l'ha reso nostro per sempre.
Ezio Raimondi “Le voci dei libri” - il Mulino, Bologna, 2012