sabato 29 ottobre 2011

Il Principe delle Maree





"IL PRINCIPE DELLE MAREE.


Lettura in chiave Sophiartistica di Barbara Borelli.


Tanti anni fa, la visione di questo film mi sconvolse…
E’ per questo motivo che l’ho scelto come primo film di cui fare una lettura sophiartistica.
Ricordo ancora il profondo malessere che mi pervase durante la sua visione; da qui voglio partire, voglio entrare in contatto con quella sofferenza per poterla decodificare, la voglio accogliere per trasformarne il dolore.
Dopo l’odierna visione della pellicola, non mi è difficile capire i motivi del mio disagio di allora: io mi rispecchio fedelmente nel protagonista, fino ad oggi sono stata una perfetta Tom Wingo…
Il film comincia con la voce fuori campo di Tom che descrive la sua infanzia: “…Ci sono famiglie che vivono tutta la loro vita senza che capiti loro qualcosa di interessante, io ho sempre invidiato quelle famiglie…” e poi ancora: “…tutto questo è successo tanto tempo fa, prima che decidessi di non avere memoria…” e quelle particolari luci che avvolgono le sequenze dei ricordi, come se tutto emergesse dall’inconscio…
E’ la storia di una famiglia del Sud degli Stati Uniti, composta da tre figli, un padre violento ed una madre superficiale, ma soprattutto, è la storia di come un segreto possa pesantemente condizionare la vita delle persone.


Anch'io, come Tom Wingo, sono sempre stata molto brava a mantenere i segreti, anzi, vado oltre, li rimuovo proprio…come se non fossero successi… “mettiamoci una pietra sopra…” mi sono sentita consigliare da sempre…andiamo avanti…perchè è più semplice indossare la maschera del fare finta che tutto ciò non sia accaduto piuttosto che elaborare il proprio doloroso vissuto…


-E’ il modo del Sud, quando le cose diventano troppo dolorose, o le evitiamo o ci ridiamo su.
-E quando piangete secondo il modo del Sud?
-Noi non piangiamo!
E poi?...Come si potrà convivere tutta la vita con quegli invisibili mostri interiori che sono i nostri sensi di colpa?
Prima o poi dovrò affrontarli, prima o poi anch’io dovrò decidermi a fare quella corsa a perdifiato sulla spiaggia, incontro al buio, incontro a me stessa, come fa Tom prima di andare a New York, prima di cominciare a ricordare.


A New York Tom incontra la dr.ssa Lowenstein, che ha in cura la sorella Savannah dopo il suo ennesimo tentativo di suicidio. Il nostro protagonista, per amore della sorella, deve esserne la “memoria” aiutando così la dr.ssa a curarla. Il destino a volte gioca brutti scherzi, proprio lui, così bravo a rimuovere il dolore, per poter aiutare la sorella, è ora costretto a ricordare…
Tom ha imparato molto bene come nascondere il suo dolore, lo ha fatto per tutta la vita e non riesce quindi ad aprirsi alla dr.ssa Lowenstein.


I suoi complessi hanno mille tentacoli e lo immobilizzano. Anche il suo rapporto con la moglie Sallie risente di questa prigionia, perché non riuscendo a per/donarsi e a per/donare (in primis la madre) si rifiuta di donarsi, non riesce ad amare libera/mente se stesso e gli altri. Si dedica alla propria famiglia con tutte le sue forze, ma non è un amore sano, perché non è libero, è prigioniero dei propri sensi di colpa.


Il nostro inconscio erige corazze difensive tali, da non permettere neppure all’amore di scalfirle…e col passare del tempo, la corazza da difensiva diventa offensiva, perché ci rende statici, ci blocca nei confronti degli altri.


Tornato a casa per il compleanno della figlia minore, la moglie gli comunica che intende lasciarlo. E’ sconvolto, il suo mondo gli sta crollando addosso, è il momento di trovare il coraggio di affrontare il proprio dolore, è il momento di scegliere fra la Verità e la menzogna, fra l’Amore e l’odio. E’ giunto il momento di aprirsi al proprio Sé, rappresentato dalla dr.ssa Lowenstein, e dirle il gran segreto.
Tom racconta di una violenza subita da bambino insieme alla madre e alla sorella da parte di 3 evasi dal carcere e di come la madre Lila avesse ordinato ai figli di tenere segreto l’episodio ricattandoli.
-Se avessimo aperto bocca avrebbe smesso di essere nostra madre… ci ha detto che presto sarebbe stato giorno e che tutto sarebbe sembrato meglio alla luce del sole, poi mio padre è venuto a casa per la cena, ci siamo seduti a tavola ed abbiamo mangiato come se non fosse successo niente
e le immagini agghiaccianti di quella ‘normale’ silenziosa cena di famiglia, con tutte le vittime imbavagliate attorno al tavolo della vergogna, prigionieri del loro ‘modo del Sud, incatenati dai mille tentacoli dei sensi di colpa, e Savannah che si era messa il vestito alla rovescia e che 3 giorni più tardi cercò di uccidersi…lei poteva stare zitta, ma non sapeva mentire,
- Perché io credo che il silenzio fosse peggio della violenza carnale.


Aprendosi alla dr.ssa, confidandole il segreto, Tom fa emergere la Verità, quella Verità che lo libera dai ricordi che lo perseguitano.
Anch’io, ad un certo punto della mia vita, ho dovuto affrontare, come un eroe, i miei traumi infantili a spada tratta; è forse per questo motivo che mi piace tanto la mitologia greca, perché bisogna essere degli eroi per affrontare il drago che è dentro di noi, vincerlo e liberarsene.


Ora sì che possiamo dire di essere liberi, quella libertà che non deriva dal denaro o dal possesso delle cose materiali. Siamo liberi di quella libertà derivante dall’aver affrontato, vincendolo il nostro invisibile mostro interiore.


E’ questa la sintesi degli opposti, è così che si trasforma il dolore in energia creando nuova Bellezza. Lì per lì è come… un salto nel buio, sembra di doversi buttare dalla rupe di Sparta, ci vuole coraggio per affrontare la Verità, ci vuole coraggio per… accettarsi, ma bisogna essere fiduciosi, confidare che il proprio Sé ci indichi la strada.


Finalmente il nostro novello Ulisse, ormai saggio e libero dalla prigione dell’io, ritorna alla sua Itaca, ritrovando l’amore della moglie Penelope che lo ha aspettato. Durante il suo viaggio ha imparato ad amare se stesso e gli altri nella libertà ed ha abbandonato il progetto vendicativo comprendendo le imperfezioni dei genitori: è riuscito ad uccidere i Proci che albergavano nel suo cuore.
“…per la prima volta ho sentito di poter dare io qualcosa alle donne della mia vita, lo meritavano. Così sono tornato alla mia casa del Sud, ed è in presenza di mia moglie e delle mie figlie che io riconosco la mia vita: il mio destino. (…) 


A New York avevo imparato che dovevo amare mia madre e mio padre con tutta la loro imperfetta vergognosa umanità e che in una famiglia non esistono crimini che non possono essere perdonati, ma è il mistero della vita che ora mi sostiene e guardo verso il Nord e vorrei tanto che ci fossero due vite concesse a tutti gli uomini e tutte le donne…”


... e scorrono le immagini del trionfo della Bellezza: Tom, Sallie e le figlie abbracciati sulla spiaggia nella circolarità dell’amore.


Da parte mia, sarò più sintetica del nostro protagonista: penso che ogni persona, a qualunque età, sia sempre in tempo, se lo vuole, a trascorrere un’infanzia felice…


Barbara Borelli su Microcosmo

LinkWithin

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...

Visualizzazioni totali