mercoledì 25 febbraio 2009

La danza delle gru e il labirinto (2)

Il labirinto appare inizialmente come una prigione inviolabile, destinata a contenere il Minotauro e prevenire la potenziale minaccia nella successione al regno cretese (Minosse è un re senza figli maschi), ma – al contempo – il labirinto è un simbolo, una immagine concreta della schiavitù di Atene, costretta a saziare la fame di quel mostro con esseri umani.

Da luogo di morte, esso però si trasforma in spazio di vita, con i giovani che escono dal labirinto, ormai violato, e intrecciano una danza di gioia.

L’avvenimento che modifica la situazione precedente e concretizza quella reale è l’arrivo a Creta di Teseo, l’eroe ateniese più famoso: per lui il labirinto costituisce il luogo della prova indispensabile, quella che gli consente di ottenere il pieno potere su Atene e di realizzarvi il giusto modello civico.

Ucciso il mostro e tornato in patria, infatti, l’eroe diventa re al posto del padre, libera la città dal giogo cretese, ne stabilisce da allora il dominio sul mare e fonda politicamente la sua realtà urbana, radunando ad Atene gli abitanti dell’Attica, fino a quel momento dispersi per le campagne.

Con la vittoria di Teseo e con l’immagine dei giovani sottratti alle fauci del mostro, il labirinto assume il valore di luogo in cui s’inizia la democrazia ateniese; un luogo da celebrare e ricordare, non già per quello che era concretamente stato nella realtà minoica, ma per quello che esso aveva rappresentato, alle origini mitiche della potenza di Atene.

Da qui anche, l’importanza del rito festoso nel quale i giovani, mano nella mano, ripetevano il cammino verso la morte nei corridoi del labirinto e poi la marcia a ritroso che – per primi – avevano compiuto i compagni di Teseo, verso l’uscita ad una nuova vita, da liberi cittadini.

Chiamare i danzatori con il nome delle gru, come si faceva a Dedo, non era solo un gioco di parole per evocare i saltelli in sequenza dei trampolieri, ma anche un altro modo di celebrare l’ateniese Teseo.

Dai Greci, infatti, quegli uccelli migratori erano immaginati prudenti e previdenti nell’affrontare spazi sconosciuti, come lo era stato Teseo al momento di entrare nel labirinto e, come l’eroe aveva saputo orientarsi con un filo nei meandri oscuri di quel luogo, ugualmente si pensava che le gru, volando in gruppo da una estremità all’altra de mondo, portassero nel becco un sassolino e, lasciandolo cadere, si orientassero anche di notte nel volo, con il suono della pietra caduta in mare o sulla terra.

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